“Siamo costretti ad affrontare una grave emergenza sanitaria perché è mancata l’azione di prevenzione come abbiamo ripetutamente denunciato in piazza e nelle sedi istituzionali di fronte alla moltiplicazione dei cinghiali che invadono città e campagne da nord a sud dell’Italia dove si contano ormai più di 2,3 milioni di esemplari“. La vede così il presidente della Coldiretti Ettore Prandini dopo il caso accertato di peste suina africana e altri due in attesa di conferma, tra Piemonte e Liguria, come già successo in Germania e nell’Est Europa.

“Abbiamo più volte evidenziato – afferma Prandini – il rischio della diffusione della Peste Suina Africana (Psa) attraverso i cinghiali e la necessità della loro riduzione sia numerica che spaziale attraverso le attività venatorie, le azioni di controllo della legge 157/92 articolo 19 e le azioni programmabili nella rete delle aree protette. Adesso serve subito – avverte – un’azione sinergica su più fronti anche con la nomina di un commissario in grado di coordinare l’attività dei prefetti e delle forze dell’ordine chiamate ad intensificare gli interventi, per tutelare e difendere gli allevamenti da questa grave minaccia che rischia di causare un gravissimo danno economico alle imprese”. Secondo Prandini la Peste Suina Africana può colpire cinghiali e maiali ed è altamente contagiosa e spesso letale per questi animali, “ma non è, invece, trasmissibile agli esseri umani”.

Intanto le Regioni interessate si stanno muovendo. In Liguria la super Asl Alisa partecipa all’Unità di Crisi attivata dal governo attraverso il responsabile del Servizio Veterinaria Roberto Moschi. “Il ministero della Salute emetterà ordinanze per definire le restrizioni che interessano una parte del territorio ligure e riguardano la caccia, la zootecnia, la movimentazione di animali e l’export delle carni – ha detto Moschi -. Oggetto del provvedimento saranno le aree comprese in un esagono tracciato tra i territori di Genova, Ronco Scrivia, Novi Ligure, Acqui Terme, Spigno Monferrato e Albissola Marina. In particolare, è vietata la caccia di qualsiasi specie, la raccolta di funghi e altre attività concernenti le aree boschive. La movimentazione di qualsiasi tipo di animali zootecnici è vietata, in entrata e in uscita. Ed è stata sospesa a tempo indeterminato anche la certificazione veterinaria riguardante l’esportazione delle carni suine”. Moschi conferma che pur trattandosi di un virus che si trasmette molto facilmente, “colpisce esclusivamente suini e cinghiali. Non si trasmette all’uomo né agli altri animali. L’elevata contagiosità rende però necessaria una particolare attenzione agli allevamenti suini sul territorio e al controllo delle popolazioni selvatiche”. L’Unità di Crisi si riunirà nuovamente all’inizio della prossima settimana.

Il Piemonte dal canto suo chiede una nuova legge nazionale per il contenimento della fauna selvatica e l’interessamento dell’Unione Europea sulla questione. “Come in più occasioni richiesto ai Ministeri competenti dal Piemonte, insieme a tutte le altre Regioni, – dicono il presidente Alberto Cirio e l’assessore all’Agricoltura Marco Protopapa – è necessario che le istituzioni preposte riprendano definitivamente in mano la legge 157/92 per adeguarla alle esigenze attuali con una riforma radicale della legge sulla fauna selvatica. Con le norme attuali e la carenza di personale per il controllo non si è più in grado di contrastare il fenomeno di proliferazione dei cinghiali”.
La giunta regionale del Piemonte ricorda, infine, che “nel limite delle possibilità concesse, a dicembre ha adottato per la prima volta una delibera che estende la possibilità per la stagione venatoria 2021-2022 di applicare dei piani di prelievo numerico-selettivi della specie cinghiale per il periodo compreso tra il 1° ed il 31 gennaio”.

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