Con 13,8 milioni di anziani, l’Italia ha uno dei livelli più elevati al mondo di popolazione over 65 anni, circa il 23% sul totale (20% nell’Unione Europea). Eppure il servizio pubblico nei confronti dei fragili continua a calare, scendendo dal 30% al 25% e fa spazio ai privati. E il no profit chiede un cambio di passo
Insufficienti. Sono le risorse che l’Italia investe sull’assistenza di anziani e persone con disabilità: il 2,5% del pil, un punto sotto alla media del 3,5% dei paesi Ocse più sviluppati e due meno della Germania (4,5%) che si trova al primo posto, seguita a stretto giro da Gran Bretagna (4,3%) e Francia (4,1%). E mentre il servizio pubblico continua a calare, scendendo dal 30% al 25%, avanza il settore privato, ora al 26% dal 23%. Inoltre cresce in maniera significativa il ruolo chiave del non profit – che include anche le cooperative sociali – e che copre quasi la metà dell’offerta totale di posti letto per anziani e disabili (49%), rispetto al 42% di dieci anni fa.
I dati sono contenuti nel rapporto Anziani e disabili: un nuovo modello di assistenza realizzato dalla Fondazione per la Sussidiarietà (FPS), in collaborazione con Cesc – Università degli studi di Bergamo, Crisp – Università degli studi di Milano, Politecnico di Milano e Università degli studi di Parma e con la partecipazione di Fondazione Don Gnocchi e Fondazione Sacra Famiglia. Statistiche aggiornate ai dati disponibili fino al 2018, che fotografano il quadro italiano dell’assistenza e cura di soggetti anziani non autosufficienti e disabili gravi. La ricerca (120 pagine), a cura di Alberto Brugnoli e Antonello Zangrandi, è frutto di un percorso di confronto e approfondito lavoro con ricercatori, docenti universitari ed esponenti di altri enti del settore socio-sanitario, pubblici, privati e non profit, e contiene analisi e proposte concrete per la riforma del settore.
Cambiare sistema – A partire dalla proposta dell’istituzione di un Servizio Nazionale per gli Anziani e i Disabili non autosufficienti da intendere come “luogo di integrazione e orientamento della spesa alla ricerca di una maggiore qualità del servizio e valorizzazione delle competenze in esso presenti”. Quindi un “catalizzatore di risorse che oggi sono suddivise tra attori diversi (INPS, Comuni, SSN, …) al fine di costruire una risposta che sia in grado di soddisfare un bisogno così complesso generando un valore che sarebbe superiore alla singola sommatoria delle azioni messe in atto dai diversi attori”.
Tutt’altro che secondaria, poi, l’idea di rivoluzionare la rendicontazione basandola sui risultati piuttosto che sui requisiti che “può creare lo spazio organizzativo e concettuale entro il quale introdurre sul serio il tema del Budget di Salute, superando la rigidità di sistemi di affidamento, presa in carico e tariffazione basati più sui “contenitori” (e i loro relativi costi) che sulle persone e i loro bisogni”.
Il rapporto a tal proposito rileva come “misurare i risultati di un intervento composito su una persona fragile è una delle sfide più interessanti che si prospettano: è, dunque, necessario andare oltre la mortalità e la morbilità, oltre i livelli di gravità delle singole patologie e arrivare all’autonomia“. Per esempio se l’ospite di una residenza entra con un certo livello di autonomia e dopo tre mesi ne ha perso un terzo – non a causa della degenerazione della sua patologia – “è necessario fare una riflessione sull’efficacia delle azioni messe in atto” per capire eventuali aree da migliorare.
“Con la pandemia sono emersi problemi nella cura e nell’assistenza ad anziani e disabili presenti da tempo”, dice a ilfattoquotidiano.it Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà. “Innanzitutto, la necessità di riconoscere la diversità dei bisogni: esiste l’anziano autosufficiente e l’anziano non autosufficiente; esiste la famiglia che può prendersi in carico la persona a casa ed esiste la famiglia che non ne ha la possibilità – sottolinea – esiste un tipo di disabilità che apre al mondo delle Paralimpiadi, e uno che richiede assistenza h24; esistono famiglie povere e famiglie ricche, che accedono alle informazioni di cui hanno bisogno, e altre meno consapevoli. Siamo in una fase nuova. L’articolazione territoriale dei servizi socio-assistenziali e sanitari deve essere riformata perché i bisogni aumentano sensibilmente e perché le possibilità di cura crescano”.
Un esempio fra tutti. L’evidenza, sottolinea il rapporto, è che quanto più aumenta il numero di ore di assistenza che la struttura riesce a garantire in media per ogni residente, tanto più migliora la performance e, nel caso in oggetto, si riduce la mortalità. Tuttavia le tariffe medie per residente stanziate in Italia non permettono di garantire un livello di qualità dell’offerta tale da avere standard similari ad altri Paesi europei o del resto del mondo.
Qualche statistica – Con 13,8 milioni di anziani, l’Italia ha uno dei livelli più elevati al mondo di popolazione over 65 anni, circa il 23% sul totale (20% nell’Unione Europea). Una quota destinata a salire in futuro, prevede il Rapporto FPS. I disabili con gravi limitazioni nelle attività abituali sono circa 3,1 milioni, il 5,2% della popolazione. La spesa per il Long Term Care (LTC) nella Penisola ammonta a circa lo 0,7% del Pil, la metà rispetto ai Paesi Ocse (1,5%), di gran lunga inferiore rispetto ai principali partner europei, come Francia (2,4%), Gran Bretagna (2,4%) e Germania (2,2%). Gli interventi per il supporto alle persone con disabilità rappresentano circa l’1,8% del Pil italiano, a fronte della media del 2% nell’Ocse. In questo caso specifico siamo in linea con Francia (1,7%) e Gran Bretagna (1,9%), ma sempre lontani dalla Germania (2,3%) che sul settore disabilità investe più di tutti in UE.
Valorizzare i risultati – Gli enti che hanno realizzato la ricerca hanno stilato proposte precise per le istituzioni: passare dal modello di assistenza attuale basato su un’offerta frammentata a una proposta più sensibile alle variazioni della domanda e ai bisogni veri, attraverso i progetti di cura personalizzati, rivedere i meccanismi di accreditamento, oggi esclusivamente legati a criteri organizzativi e strutturali, e introdurre un sistema flessibile che sappia misurare e valorizzare i risultati. Inoltre affermano che è necessario introdurre il “budget di filiera”, abbandonando la logica della remunerazione del singolo servizio per affrontare in modo flessibile i nuovi bisogni emersi all’interno delle Rsa e delle Rsd. E ancora: investire nella formazione delle figure sanitarie e socio-sanitarie introducendo nei percorsi universitari corsi sulla medicina territoriale, sulla disabilità e sulla dimensione sociale e relazionale dei percorsi di cura.
Costa: “Incrementato fondo assistenza disabili gravi ma serve altro” – “L’attenzione del governo Draghi e del ministero della Salute verso i bisogni di anziani e disabili è alta e costante, in particolar modo durante questa emergenza sanitaria ed economica”, ha detto il sottosegretario alla Salute Andrea Costa, in occasione della presentazione del Rapporto. “Insieme con il Generale Figliuolo – ha aggiunto -, nell’organizzazione della campagna vaccinale prima e con la terza dose poi, abbiamo inserito questi soggetti fra le categorie prioritarie da proteggere e tutelare. Mi sono fortemente battuto per permettere ai parenti di ospiti delle Rsa di tornare a salutare e abbracciare i propri cari nelle strutture, consapevole che l’affetto di un famigliare sia la migliore cura”. Purtroppo, però, come ilfattoquotidiano.it ha scritto sono ancora molte le criticità in essere.
“La Conferenza Stato-Regioni”, ha poi annunciato Costa, “ha deliberato un incremento di 20 milioni di euro del Fondo per l’assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare. Molti però sono i passi ancora da compiere: il Pnrr sarà l’occasione, che non possiamo perdere, per investire sulla prossimità e sull’assistenza domiciliare. Sarà necessario rafforzare i servizi sociali territoriali promuovendo una collaborazione sinergica, un’integrazione strutturata, tra associazioni del terzo settore e il Servizio Sanitario Nazionale. Va consolidata questa rete di solidarietà che conosce le problematiche dei diversi territori e sa come intervenire efficacemente per rispondere ai bisogni della popolazione fragile“.
Il valore primario e crescente del non profit – Con la crisi pandemica i problemi inerenti l’assistenza per anziani e persone disabili si sono aggravati. “Gli scenari che la statistica va delineando, sottolineano il rapido incremento della popolazione anziana e mostrano come ciò sia affiancato da un progressivo indebolimento delle reti familiari“, rileva Gian Carlo Blangiardo, presidente Istat. “La figura dell’anziano solo, che necessita di assistenza esterna alla rete familiare, rischia di accreditarsi sempre più nell’Italia dei prossimi decenni”, mette in guardia il numero uno dell’Istat.
“Il rapporto FPS”, sottolinea don Vincenzo Barbante, presidente Fondazione don Carlo Gnocchi Onlus, “ci invita a considerare l’importante contributo offerto in ambito socio-sanitario dal mondo non profit di ispirazione cristiana. Un mondo che, nel disegnare i futuri scenari di un’assistenza capace di rispondere ai bisogni di cura, attende di essere valorizzato per l’esperienza e i servizi che può offrire al Paese in un rinnovato spirito di sussidiarietà”. Infine don Marco Bove, presidente di Fondazione Sacra Famiglia Onlus, osserva come “oggi sia doveroso passare da un modello di assistenza basato sull’offerta a un orientamento integrato basato sulla domanda, sui veri bisogni delle persone fragili – anziani e disabili – anche se complessi”.