I tre sono spariti nel nulla. Studenti della scuola media superiore, erano andati a passare qualche giorno di vacanza in famiglia nel villaggio natale di Ngoula. il ritorno a scuola, questo lunedì, è stato fatale. Uno dei quattro amici è riuscito a fuggire e gli altri tre, da allora, sono nelle mani di sconosciuti, presunti djihadisti che controllano la regione. Prima di raggiungere il villaggio di Djayeli, situato a circa 20 kilometri da Ngoula, sono stati rapiti e al momento non si hanno notizie. Inesistenti prima e invisibili dopo, perché figli di contadini, nascosti dal grande pubblico e cittadini di seconda categoria perché poveri.

La zona è la stessa nella quale, nel mese di settembre del 2018, era stato portato via Padre Pierluigi Maccalli, missionario. Saranno forse rilasciati tra qualche tempo o allora verrà loro proposto di unirsi alle forze combattenti nella zona delle ‘Tre Frontiere’, Niger , Burkina Faso e Mali. Potrebbero scomparire per sempre, così come altre decine di rapiti attorno al lago Tchad, dove Boko Haram, Stato Islamico e banditismo, sono accomunati dalle stesse strategie terroriste. Avevano dovuto abbandonare il loro villaggio paterno a causa delle minacce dei Gruppi Armati ed erano tornati per le feste di Natale. Allora come oggi gli innocenti sono perduti e venduti al sistema che le armi ammantano di motivazioni pseudo-religiose. Il re Herode insegna.

Stavolta il bottino era troppo importante per lasciarlo passare. Un sindaco del posto e il suo autista sono stati arrestati nel desertico nord de Niger, con più di 200 kg di cocaina in provenienza dal Mali e diretti in Libia. Il valore stimato sorpassa gli 8 milioni di dollari. Il traffico illecito di armi e droga, a cui si aggiunge talvolta la compravendita di migranti, costituisce un’economia parallela che potrebbe rinominare il Paese come ‘Narco-Paese’.

Due giornalisti locali, tra cui una signora che gestisce un noto blog, sono stati recentemente condannati a oltre due anni di reclusione, con sospensione condizionale della pena. L’accusa è stata quella di aver pubblicato un articolo di ‘Global Initiative’, nota Ong internazionale basata a Ginevra che si prefigge di denunciare i crimini transnazionali in vari ambiti tra cui la droga. Nell’articolo in questione l’Ong denunciava la ‘sparizione’ di alcune tonnellate di hashish sequestrate nella capitale Niamey l’anno scorso. La droga, proveniente da Beirut nel Libano era transitata dal porto di Lomé nel Togo e, secondo la legge, doveva essere bruciata. Apparentemente una parte avrebbe invece raggiunto la Libia con la complicità delle massime autorità. E’ proprio il caso di dirlo: chi di droga ferisce di droga perisce.

Il bilancio è ancora provvisorio. Uno dei mezzi di trasporto della gendarmeria di Torodi, a circa 50 kilometri dalla capitale, è stato distrutto questo venerdì, da una carica di esplosivo posta lungo la strada che porta al confine col Burkina Faso. Si parla di 4 soldati morti e alcuni feriti. Si tratta del secondo attentato terrorista dello stesso tipo. Il precedente era accaduto a fine novembre lasciando tre morti e due feriti della Guardia Nazionale del Niger. Nella cittadina di Makalondi, poco prima di Natale e nella stessa zona frontaliera, si era registrato un duplice attacco. Alcune centinaia di individui armati avevano colpito la dogana e il posto di polizia causando almeno sei morti. In conseguenza di questo stato di cose centinaia di famiglie sono state costrette ad abbandonare casa, campi, raccolto e futuro.

Come annunciato da OCHA, ufficio di coordinamento degli interventi umanitari delle Nazioni Unite, oltre 30 milioni di persone avranno bisogno di aiuto e di protezione. I conflitti, la violenza, gli spostamenti forzati e le crisi socio-economiche hanno comportato una rapida crescita dei bisogni. Pressioni demografiche, debolezza dei governi, insicurezza alimentare e cambiamenti climatici, sempre secondo OCHA, spingono milioni di persone a lottare per La sopravvivenza. Se a questo si aggiungono le migliaia di sfollati e di rifugiati, una parte di questi ‘salvati’ dai campi di detenzione in Libia tramite i ‘corridoi umanitari’, il quadro che si presenta appare perlomeno preoccupante.

La sabbia non dimentica, custodisce e racconta a chi sa ascoltarla. Lei, che attraversa imperi, millenni, colpi di Stato, carestie e precarie prosperità. Proprio lei assicura che laddove abbondano i drammi e la sofferenza dei poveri, c’è solo da alzarsi e sollevare la testa perché la liberazione non è lontana.

Niamey, 9 gennaio 2022

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