Omicron che avanza, Delta che ancora resiste. E adesso un nuovo ceppo cipriota – denominato “Deltacron” – che sembra combinarle entrambe, mentre sullo sfondo (non bastasse) si staglia una mutazione “sorella” della variante sudafricana, con caratteristiche ancora ignote. Il virus che causa il Covid-19 somiglia ormai a un’Idra dalle infinite teste, capace di evolversi in modo incontrollabile. In realtà, però, il nostro Paese non ha mai messo in campo investimenti seri sull’unica strategia in grado di monitorare le varianti: il sequenziamento, cioè l’isolamento del corredo genetico del SARS-CoV-2 a partire dai tamponi positivi. Dalla comparsa dell’epidemia (febbraio 2020) l’Italia ha infatti depositato nella banca dati internazionale Gisaid appena 90.995 sequenze su quasi sette milioni di casi, l’1,22%, il dato peggiore dell’Europa occidentale insieme a quello spagnolo (1,21%), lontano dalla soglia minima del 5% raccomandata dall’Organizzazione mondiale della sanità e lontanissimo dai best standard della Danimarca (che sequenzia al 31,59%) e del Regno Unito (all’11,62%).
L’ultimo a sottolinearlo, in un’intervista a Repubblica, è il fisico Roberto Battiston. “Assistiamo a una sorta di rimozione collettiva sulla variante Delta, ma non c’è nessuna prova che sia scomparsa”, ha avvertito. “Anzi, probabilmente è la principale responsabile dei decessi e dei ricoveri in terapia intensiva. Siamo convinti di affrontare un solo nemico, il Covid-19, mentre siamo di fronte a due varianti molto diverse, che adottano strategie e hanno conseguenze completamente diverse. Per poter affrontare efficacemente questa fase è fondamentale avere chiara questa distinzione. E magari adoperarsi per distinguere chi si ammala di una variante piuttosto che dell’altra”. Quasi impossibile per l’Italia, dove – nonostante gli impegni presi dalla politica nell’ultimo anno – sono attivi sul sequenziamento solo 70 laboratori per 60 milioni di abitanti. “Siamo molto indietro, abbiamo dati insufficienti e con grande ritardo rispetto allo sviluppo della pandemia. Quindi ci muoviamo quasi alla cieca, sparando con le stesse armi a bersagli molto diversi tra loro”, riassume lo scienziato.
Il risultato è che negli ultimi trenta giorni (mentre sui giornali e in tv si parlava solo di Omicron) il sequenziamento dell’Italia toccava il punto più basso. Dallo scorso 9 dicembre i genomi caricati dai nostri laboratori su Gisaid sono stati 4.604 su 1.841.147 test positivi, lo 0,25%. Nello stesso periodo, pur in un calo generalizzato dovuto alle feste, la Germania ha sequenziato sette volte più di noi (1,81%), il Regno Unito 17 volte tanto (4,22%). Che Delta non sia affatto sparita, peraltro, è chiaro gli stessi dati consultabili sulla piattaforma: delle 4.604 sequenze italiane dell’ultimo mese, il 31,2% (1.338) corrispondeva a Omicron e ben il 65,5% (2.801) alla variante indiana, mentre Alfa (inglese) e Gamma (brasiliana) sono ormai di fatto scomparse. A livello globale, Delta rappresenta ancora il 42,3% dei casi analizzati (a fine novembre era il 96,6%), dato che cresce al 60,9% in Europa (escluso il Regno Unito, dove Omicron ha una prevalenza del 72,5%). Omicron, invece, è ormai all’84,6% in Africa e al 100% in Sudafrica, il Paese che ha colpito prima di tutti gli altri.
In questo quadro, ecco che a Cipro il professor Leondios Kostrikis, capo del laboratorio di biotecnologia e virologia molecolare dell’Università dell’isola, annuncia di aver isolato in 25 pazienti un nuovo ceppo del SARS-CoV-2 che combina le “firme genetiche” delle varianti Delta e Omicron, denominato Deltacron. Le sequenze relative sono state depositate su Gisaid il 7 gennaio: si tratta di uno dei primi caricamenti da parte dei ricercatori ciprioti, che finora hanno depositato pochissimi genomi. L’analisi statistica – riporta l’agenzia Bloomberg – mostra che la frequenza relativa dell’infezione da Deltacron è maggiore tra i pazienti ricoverati in ospedale per Covid rispetto a quelli non ospedalizzati. Infine, gli scienziati segnalano un’incidenza sempre maggiore di un sotto-lignaggio “sdoppiatosi” da Omicron (BA.2), anch’esso con vari punti in comune con Delta. Quanto è diffusa? “Purtroppo non lo sappiamo con certezza perché appunto la sorveglianza mondiale è scarsa. Pare però dai dati di sequenziamento danesi (che sono tra i migliori al mondo) che BA2 abbia preso il sopravvento in Danimarca, spiazzando addiritura Omicron originale”, scrive su Twitter il neurobiologo Giorgio Gilestro dell’Imperial College di Londra.
Due settimane dopo l’identificazione di omicron, iniziarano ad apparire nei database delle sequenze di una variante simile a omicron, ma diversa in tanti punti chiave, con così tante similitudini e differenze da essere considerata una sorella. 1/10https://t.co/ct32RuTGae
— Giorgio Gilestro (@giorgiogilestro) January 8, 2022