Trentadue edizioni racchiuse in 65 anni di storia della Coppa d’Africa. Una competizione che ha raccontato grandi giocatori, squadre memorabili e favole sorprendenti. Ma il torneo continentale africano è anche altro. È fatto di delusioni, ossessioni e campioni che non sono riusciti a inserire il loro nome nell’albo d’oro. Per sfortuna o per i limiti economici e sportivi che hanno caratterizzato le nazionali di cui hanno fatto parte. Ecco cinque campioni che non sono riusciti ad alzare la Coppa d’Africa.
George Weah, Liberia
Tre coppe di Francia, una Ligue 1 e due scudetti con la maglia del Milan, nel 1995/96 e nel 1998/99. Ma soprattutto il Pallone d’Oro conquistato nel 1995. È arrivato a Milano da pochi mesi quando diventa il primo giocatore africano a vincere il prestigioso trofeo di France Football. Ancora oggi l’unico. Eppure King George non è mai riuscito a fare molta strada nella competizione continentale. La Liberia è uno dei paesi più poveri dell’Africa e la nazionale di calcio ne è lo specchio fedele. Weah indossa la maglia della nazionale liberiana per quindici anni (dal 1987 al 2002) trovandosi però sempre da solo. Attorno a lui c’è poca qualità. La sua classe e il suo carisma però bastano per regalare le uniche due qualificazioni nella storia della Liberia. Sono le edizioni della Coppa d’Africa 1996 e 2002. In entrambi i casi Weah viene fermato al primo turno. L’unica rete la segna nel 2002, nel pareggio per uno a uno contro il Mali. È il suo canto del cigno. Pochi mesi dopo arriva il ritiro.
Emmanuel Adebayor, Togo
Il confine è stato attraversato da pochi chilometri. Dal Congo all’Angola. Il pullman trasporta la nazionale del Togo, impegnata pochi giorni dopo nella Coppa d’Africa 2010. A bordo c’è anche la stella del Manchester City Emmanuel Adebayor. Uno dei più prolifici attaccanti in Europa. Il trascinatore e l’uomo immagine di un’intera nazione. All’improvvisa, l’esplosione. Gli spari dei mitra che si susseguono. Il terrore e il sangue. I morti. Tre per l’esattezza: l’autista, un membro dello staff e l’addetto stampa della squadra. L’agguato viene rivendicato dai separatisti angolani del Flec (Fronte per la liberazione dell’enclave di Cabinda). Lo shock è tanto. Il Togo si ritira dal torneo e Adebayor decide di lasciare la nazionale. Ci tornerà solo un anno e mezzo dopo, dopo aver avuto rassicurazioni sui livelli di sicurezza. Per lui la Coppa d’Africa si lega a quel ricordo traumatico. Anche perché le soddisfazioni sportive sono poche. In quattro edizioni disputate, tre volte arriva l’eliminazione al primo turno (2002, 2006 e 2017). L’unico acuto degno di nota è del 2013. Fuori nei quarti di finale contro il sorprendente Burkina Faso. Quello è anche il torneo del suo unico gol, nel due a zero contro l’Algeria nella fase a gironi.
Mustapha Hadji, Marocco
Negli anni ‘90 il suo nome è uno di quelli più conosciuti in Africa. Velocità, imprevedibilità e talento. Molto talento. Talmente tanto che in Marocco è soprannominato il “Ronaldo marocchino”. Ma Mustapha Hadji è anche un’altra cosa: incostante. E sarà quella caratteristica a decretarne le fortune sportive. Nei club come in nazionale. Poteva scegliere la Francia ma decide per il Marocco. E con il paese nordafricano gioca dal 1993 al 2004. Nelle edizioni di Coppa d’Africa 1994 e 1996 la squadra però nemmeno si qualifica. La sua prima apparizione è nel 1998, il suo anno di grazia. Quello del Pallone d’Oro africano e della rete alla Norvegia ai Mondiali francesi. Hadji spinge il Marocco fino ai quarti di finale, segnando anche una rete all’Egitto nel girone. Il Sudafrica campione in carica lo estromette. Ci riprova due anni dopo ma va anche peggio. Viene eliminato nel girone dalla Nigeria padrona di casa. Non avrà più occasioni. È iniziata la fase calante della sua carriera.
Bruce Grobbelaar, Zimbabwe
La danza è sgraziata sulla linea di porta. L’atteggiamento sbruffone e provocatore. Conti e Graziani si deconcentrano e calciano alto i loro rigori. La Coppa Campioni è del Liverpool. È in quel momento che il portiere dei Reds Bruce Grobbelaar diventa una delle figure più iconiche degli anni ‘80. Il primo africano a vincere la massima competizione europea per club. Un titolo che si aggiunge a 6 campionati inglesi, 3 coppe d’Inghilterra, 3 coppe di Lega inglesi e 5 Charity Shield. Un palmares importante, non supportato però da soddisfazioni con la propria nazionale. Grobbelaar è nato nello Zimbabwe (fino al 1979 la Rhodesia). La squadra è disorganizzata e povera. Per Grobbelaar non ci sono possibilità di giocarsi la Coppa d’Africa. La prima qualificazione dello Zimbabwe alla fase finale arriva solo nel 2004. Grobbelaar si è ritirato due anni prima.
Didier Drogba, Costa d’Avorio
Uno dei più grandi e vincenti giocatori africani degli ultimi 20 anni. Questo è Didier Drogba. Ovunque sia andato l’ivoriano ha saputo lasciare il segno con la sua personalità e il suo senso del gol. Premier League, Champions League, Community Shield, Coppa di Lega inglese e FA Cup. È stato un punto di riferimento sia con la maglia del Chelsea che con quella della nazionale della Costa d’Avorio, trascinata ai mondiali in più occasioni. Solo una competizione gli è sempre sfuggita dalle mani: la Coppa d’Africa. Un’ossessione che Drogba ha inseguito per cinque edizioni. Un trofeo sfuggito in due occasioni in finale. Entrambe ai calci di rigori. Nel 2006 contro l’Egitto e nel 2012 contro la favola Zambia. Negli altri tornei invece si ferma due volte ai quarti (2010 e 2013) e una in semifinale (2008). Il tanto agognato titolo per la Costa d’Avorio arriva nel 2015. Ma per Drogba è troppo tardi. Ha lasciato la nazionale nel 2014.