Alla vigilia della riapertura delle scuole, si riaccende il dibattito sul nodo trasporti. Non solo perché da lunedì 10 gennaio entrerà in vigore il Super Green Pass che consentirà l’accesso sui mezzi di trasporto a lunga percorrenza solo a chi è vaccinato o guarito dal Covid, ma soprattutto perché le aziende sono in crisi a causa della mancanza di personale, decimato dai contagi della variante Omicron e dalle quarantene. In più, devono fare i conti con i rincari dei costi di carburante ed energia e con il flusso di passeggeri e biglietti venduti in calo costante. Questo sta avendo conseguenze dirette sui servizi, sia a livello locale sia sulle linee ad alta velocità.

L’Atm a Milano ha per esempio 650 addetti assenti e Autolinee Toscane ha il 60% del personale in malattia. Le fasce orarie dei pendolari e degli studenti saranno garantite — dalle 7 alle 10, dalle 17 alle 20 – ma non è escluso che, a queste condizioni, possano verificarsi situazioni di affollamento o assembramenti.

Da lunedì le Fs dovranno poi cancellare 180 treni regionali pari al 3% dell’offerta locale. Complessivamente – tra cancellazioni e sostituzioni con autobus – saranno 550 le corse interessate, pari al 9% del trasporto regionale. Trenitalia fa sapere che riorganizzerà anche le Frecce, con cancellazioni pianificate, “quanto più possibile contenute nei numeri e, soprattutto, mirate alle fasce orarie di minore affluenza”. E in Lombardia Trenord ha già annunciato il taglio di circa 350 corse su un totale di oltre 2.170 programmate da lunedì 10. Nelle ore del giorno il servizio sarà ridotto del 12%, stima l’azienda dei trasporti lombarda.

Non va meglio per il gruppo Italo che ha fatto sapere di aver ritenuto “necessaria una riduzione dei servizi giornalieri. Le prime soppressioni — si legge in una nota del 7 gennaio — riguarderanno da oggi 6 servizi che dal 14 gennaio diventeranno 27 (di cui 21 soppressi tutti i giorni e ulteriori 6 il martedì, mercoledì e giovedì)”. E insieme ad altre 10 aziende di trasporto su gomma – tra cui Itabus e Flixbus – Italo ha scritto una lettera al governo per chiedere nuovi ristori e interventi di sostegno ad hoc. “Il trasporto pubblico locale ha perso 1,5 miliardi nel 2021 per l’esigenza incomprimibile di garantire il servizio pubblico e la continuità territoriale ma è chiaro che servano interventi ingenti di ristoro”, ha detto Andrea Gibelli, presidente di Asstra, al Corriere della Sera. Parole analoghe anche dall’amministratore delegato di Italo Ntv Gianbattista La Rocca, secondo cui un intervento pubblico di ristoro “è ormai necessario”.

Anche la Fit Cisl ha chiesto all’esecutivo un incontro per valutare “l’impatto che le aziende prevedono sia sul servizio sia sui livelli occupazionali” nel settore trasporti. “Dopo due anni di pandemia sono al limite dell’emergenza, e parliamo sia delle aziende pubbliche sia di quelle private”, ha dichiarato Salvatore Pellecchia, segretario generale della Fit-Cis. “Le imprese infatti devono fare i conti con il calo della domanda dovuto allo sviluppo dello smartworking e alla crisi del settore turistico dovuta alle restrizioni della circolazione delle persone imposte dal nostro e dagli altri Governi per contrastare la diffusione del Covid, con l’aumento, nel settore ferroviario, di circa il 120% dei costi dell’energia elettrica e con il blocco, a partire dal mese di settembre 2021, dei sussidi atti a finanziare lo sconto sul pedaggio delle tracce ferroviarie, in controtendenza quest’ultimo con le decisioni prese nel resto d’Europa”. “In questo momento non si deve parlare di posti di lavoro a rischio, ma appare chiaro che, se la congiuntura negativa persisterà e se non ci sarà una risposta del Governo in termini di sussidi in analogia a quanto avviene nel resto d’Europa, le aziende inizieranno a scaricare i problemi sul lavoro”, ha concluso Pellecchia.

Analoga se non peggiore la situazione del trasporto aereo, con le compagnie che hanno scritto una lettera alle istituzioni dell’Ue affinché rivedano le regole che determinano la quota minima di voli che dà diritto a mantenere il proprio “spazio” negli scali europei. Il problema, spiega il Financial Times che dà la notizia, è quello dei cosiddetti “voli fantasma” ovvero delle tratte che le compagnie aeree sono in qualche modo obbligate a fare, nonostante lo scarso numero di passeggeri a causa del nuovo balzo in avanti dei contagi e del personale assente per Covid, per mantenere intatto il loro spazio di decollo e atterraggio negli aeroporti Ue. La tedesca Lufthansa, si legge nell’articolo, è stata costretta a operare 18 mila voli “non necessari” questo inverno per ottemperare alle regole europee, secondo le quali una compagnia aerea deve utilizzare il 50% – in termini di spazio e frequenza di decolli e atterraggi – degli slot disponibili che, in caso contrario, vengono riassegnati. Ed è proprio contro questa misura che, secondo il Ft, le compagnie aeree europee avrebbero puntato il dito. Il tema è anche ambientale e influisce sugli obiettivi di riduzione delle emissioni. Per ora Bruxelles tiene il punto ma quest’inverno il traffico aereo è stato pari al 77% dei livelli pre-pandemia.

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