Secondo le informazioni più recenti, sono almeno 500 le persone attualmente bloccate in Bielorussia e minacciate di essere rimpatriate verso gli Stati di origine, soprattutto Siria e Iraq, col conseguente rischio di subire violazioni dei diritti umani.

Come noto, a partire dal giugno 2021 le autorità della Bielorussia hanno dato vita a un vero e proprio traffico di esseri umani, portando con propri aerei di linea migliaia di persone dal Medio Oriente con la promessa di un facile ingresso in Europa: un’azione ritorsiva contro le sanzioni introdotte dall’Unione europea a seguito delle massicce violazioni dei diritti umani seguite al contestato esito delle elezioni presidenziali dell’agosto 2020.

Lungo la frontiera tra Bielorussia e Polonia, per tutta la seconda metà del 2021, è stata una gara a chi si è comportato peggio: uomini, donne e bambini spinti da un lato e respinti dall’altro. Cani, pestaggi, lacrimogeni.

Le forze di sicurezza bielorusse trasferivano i migranti dalla capitale Minsk verso una zona di esclusione circondata da filo spinato lungo i confini con Polonia, Lituania e Lettonia.

Una volta lì, queste persone non potevano tornare indietro e restavano bloccate in condizioni inumane per giorni o settimane: lasciate senza cibo o con quantità minime di acqua e pane, senza rifugi né servizi igienici. Chi poteva pagare per la propria “liberazione”, veniva fatto tornare indietro. Gli altri erano costretti con la violenza a entrare in Polonia, inseguiti dai cani e obbligati a passare attraverso corsi d’acqua gelati.

Questa è la testimonianza di un siriano che faceva parte di un gruppo di 80 persone trasportate da un mezzo militare verso la frontiera:

“Ci hanno scaricati. C’erano una decina di soldati con quattro cani. Hanno detto che se non avessimo corso ci avrebbero picchiati e avrebbero sguinzagliato i cani. I soldati picchiavano chiunque non corresse velocemente. Dopo averci inseguiti per 200 metri sono tornati indietro, lasciandoci in mezzo alla foresta. Le famiglie erano state separate. Chi era stato morso dai cani stava sanguinando”.

Nella maggior parte dei casi, le persone che avevano attraversato il confine polacco venivano immediatamente fermate e respinte dall’altro lato della frontiera, costrette a guadare i fiumi in senso inverso. Nonostante avessero espresso l’intenzione di chiedere asilo nell’Unione europea e nonostante mostrassero chiari segni delle violenze subite dal lato bielorusso, sono state vittime di una lunga serie di espulsioni di massa che hanno completamente disatteso gli obblighi di diritto internazionale e della normativa dell’Unione europea.

“Ci hanno fatti salire su un camion militare. Eravamo tra 50 e 60 persone. Dopo un’ora di viaggio ci hanno lasciato nella zona di esclusione. A bordo del camion un soldato ci ha spruzzato contro il gas al peperoncino: mio figlio e mia figlia hanno pianto per oltre un’ora”, ha raccontato un siriano che viaggiava con la moglie e i due figli.

Questa è invece la testimonianza di uno yazida proveniente dall’Iraq:

“Dopo un’ora che eravamo entrati in Polonia ci hanno trovati. Ci hanno portato sulla riva di un fiume, sarà stato largo 10-15 metri ma era in piena e le acque erano profonde. Ci hanno spinto in acqua, chi si opponeva veniva picchiato. Anche loro avevano i cani. Le donne, i bambini e qualche adulto sono stati portati da un’altra parte. Ho visto un uomo portato via dalla corrente. Chi non sapeva nuotare rischiava di annegare”.

Molte persone in contatto con Amnesty International e ancora presenti in Bielorussia, hanno riferito del rischio di rimpatrio forzato: verso la Siria e non verso gli Stati da cui erano partiti (tra cui Egitto, Libano e Turchia) a causa dei divieti di reingresso vigenti.

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