Il celebre teorico della “modernità liquida” Zygmunt Bauman, quando ancora parlava de La società dell’incertezza (1999), aveva ipotizzato che il turista fosse il prototipo umano dell’epoca nuova. Ora che forse siamo entrati proprio in un’altra era, che qualche scienziato chiama post-pandemica, stiamo conoscendo appieno la stagione dell’incertezza del turista. Il Covid ha di fatto sgretolato anche i pochi punti fermi della mobilità di massa, ridefinendo pesantemente i limiti e le condizioni. Il mondo è dentro la bolla del terrore nell’aria. E ormai persino la teoria di Bauman, che regge perfettamente sul piano storico, sembra essersi liquefatta.

Eccetto pochi mercanti, mercenari, condottieri e soldati, fino al medioevo l’umanità viaggiava soprattutto per motivi di carattere religioso. Partendo da questa constatazione, il più grande sociologo contemporaneo aveva individuato come passaggio chiave della modernità proprio la trasformazione del viaggiatore da pellegrino a turista. Sta di fatto che poi, a ben vedere, il salto verso la mobilità nel mondo post-moderno ricco si è configurato proprio come una sorta di “religione turistica” di massa, con riti ben precisi. Di certo, per molti milioni di persone la ritualità del viaggio aveva preso sovente il posto degli appuntamenti liturgici.

“Uno strano e spesso insaziabile desiderio di trascendenza conferisce al turismo un elemento di religiosità secolare“, scriveva l’etologo svedese Orvar Löfgren alla fine della sua Storia delle vacanze (edizione italiana di Bruno Mondadori) che non a caso è di poco precedente alla prima grande crisi del 2001, da quando il terrorismo islamista ha mostrato di poter minare alla radice la globalizzazione.

Viaggiare per il solo scopo di viaggiare, del resto, è un fenomeno prodotto anche da una cultura alternativa quasi del trascendente, che si è affermata con gli hippies dopo gli anni Sessanta, ma affonda le sue radici nelle precedenti esperienze elitarie di ricerca di un “Altrove” (celebre titolo del proverbiale guru del viaggiatore post-religioso, Henri Michaux) in ogni dove, e soprattutto nei territori dove alcune particolari droghe erano accessibili. Non per caso, forse, è da quel genere di motivazione on the road che muove da qualche decennio anche la riscoperta delle rotte religiose tradizionali, così che un certo turista alternativo oggi si trova a voler tornare di nuovo pellegrino, camminando con i sandali nella polvere.

Questa sorta di sostituzione della pratica trascendentale ancora adesso ha i suoi adepti incalliti, spesso ben travestiti dietro mille e una più che legittime motivazioni: si pensi al perdurare dei viaggi per le attività sportive, di professionisti o aspiranti tali o imitatori, anche in questi giorni di varianti e disdette e di restrizioni che variano ogni due per tre… Ma il vero punto di svolta attuale è che il dio della mobilità post-moderna ha aggirato persino l’urto della pandemia perché si regge in piedi soprattutto – se non soltanto come durante i lockdown – sul piano virtuale. Lo stiamo vivendo tutti sulla nostra pelle anche ora in questa sorta di sospensione non dichiarata che la variante Omicron ha imposto in quasi tutto il mondo occidentale.

I nuovi padroni del mondo, a partire dai cinque colossi dell’Information technology, hanno approfittato di questa opportunità straordinaria, e non è un caso che Facebook abbia colto l’occasione per riconvertirsi in Metaverso, bruciando persino l’acronimo Gafam agli ipercritici che denunciano da anni lo strapotere mondiale dell’iper-trust formato da Google, Apple, Facebook, Amazon e Microsoft (onestamente, se d’ora in poi si dicesse Gamam, suonerebbe quasi uguale…).

Sono tante le conseguenze già denunciate da più parti, relative a questa mossa del colosso di Mark Zuckerberg, che controlla anche Instagram e Whatsapp: diventare Meta per puntare tutto sulla costruzione di un mondo parallelo virtuale, con lo stesso nome immaginato dal romanzo distopico Snow crash di Neal Stephenson. Pochi osservatori hanno notato che nel Metaverso si consuma anche la ridefinizione radicale di uno dei cardini della vita umana, l’ospitalità. Pensateci bene, non è poca cosa: ne riparleremo di certo.

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