“Un piede in un paese, un piede in un altro, trovo la mia condizione molto felice, in quanto libera”. Così scriveva il filosofo Cartesio nel 1648, spiegando la sua condizione di viaggiatore che non si fossilizzava in un solo luogo, ma andava alla ricerca della felicità tra estero e borgo natio. La citazione è di Andrea Bardin, cinquantaduenne di Schio, in provincia di Vicenza, docente di Storia del pensiero politico alla Brookes University di Oxford, in Inghilterra. Appassionato di filosofia e politica, ha cominciato ad insegnare nelle scuole superiori di Vicenza per approdare, nel 2015, nelle università inglesi. “Prima facevo il magazziniere o lavoravo in comunità. Poi ho insegnato nei licei fino a quando ho cominciato un dottorato nel 2007 in filosofia e storia del pensiero politico all’Università di Padova: era ciò che volevo perché mi piace studiare e conoscere. In seguito sono arrivate delle opportunità: un dottorato alla Brunel University di Londra e, dopo qualche anno come precario, l’assunzione ad Oxford”.
Finito il dottorato a Padova, a 40 anni, Andrea si ritrovava con tanti punti interrogativi e un’età a suo dire inadeguata per accedere agli atenei. “In Italia non avrei trovato lavoro: dopo gli studi i giovani devono mettersi in coda, affidarsi ad un professore o a un istituto di ricerca e aspettare per anni. Io ero già quarantenne e non sarei riuscito a trovare posto: non è quello che chiamo un ‘sistema aperto’”. Così, su suggerimento di un collega, si è spinto poco distante da Londra, dove ha trovato una cattedra. “Non è stato semplice, sono stato precario a lungo. Anche in Inghilterra ci sono state delle difficoltà: ho perso un concorso e quindi, senza un posto fisso, sono dovuto tornare per alcuni mesi a Vicenza in un liceo. Ma ci sono anche criteri meritocratici per farsi riconoscere e trovare posto nelle università. Bisogna in primis insegnare in maniera soddisfacente, poi è fondamentale pubblicare articoli per importanti riviste inglesi attinenti alla propria area: io mi sono specializzato nello studio di Simondon, filosofo francese del Novecento che ha offerto un approccio interessante ai rapporti sociali”. Di qui la scelta di restare nel Regno Unito. “Mi hanno accolto bene. Ho trovato colleghi disponibili (tra cui alcuni connazionali) e in più qui si respira un multiculturalismo che mi piace”.
Classe 1969, Andrea è uno dei tanti “cervelli in fuga”, segno di contraddizione di un’Italia incapace di trattenere i propri talenti. “Però questo problema lo vedo diversamente da quanto si fa di solito – spiega il docente a ilfattoquotidiano.it – non riguarda tanto i ragazzi che vanno all’estero, quanto il fatto che non c’è un flusso inverso, non arrivano giovani a sufficienza in Italia. Manca il ricambio che permetterebbe di imparare e crescere a livello accademico. Non si può pensare ad un mercato locale di cervelli, bisogna ragionare in ottica europea”.
L’Inghilterra gli ha spalancato altri orizzonti. “Le mie colleghe europee non andrebbero mai a lavorare in un Paese come l’Italia dove ci sono difficoltà e differenze di genere, in quanto a salario e trattamento. In più, nel Regno Unito nessuno bada al colore della pelle, purtroppo non si può dire sia lo stesso in Italia”. E lo stipendio? “Guadagno un terzo in più dei miei colleghi italiani, lo stipendio si regola in base all’inflazione e poi c’è lo scatto di anzianità. Inoltre, il sindacato è molto forte e con la Brexit sono aumentati i posti di lavoro, per cui se un docente viene licenziato trova più facilmente un’occupazione altrove”. Il problema dell’Italia nell’educazione? “Non investe nella ricerca e arretra nel sistema scolastico. Produce molto lavoro intellettuale, ma non ha le strutture (e i livelli contributivi) per sfruttarlo”.
Visto da oltre la Manica, il nostro Paese ha però anche qualche luce: “Per certi aspetti in Italia alcune cose vanno meglio: il ruolo del professore, sia scolastico che universitario, è percepito un po’ meglio e la scuola pubblica, nonostante sia in calo, è ancora un settore forte, qua se lo sognano un sistema pubblico e gratuito. Il valore dell’Italia è quello di saper produrre intelligenze, ma queste poi devono partecipare alla circolazione, non vanno tenute”. In questo viaggio continuo, Andrea ha trovato ora il suo equilibrio, proprio come Cartesio. “Non riuscirei a fossilizzarmi in un Paese, avere un’unica dimora sarebbe un’ossessione; mi sento a casa sia quando atterro in Inghilterra che quando rivedo le montagne e i parenti in Veneto. A Vicenza posso riabbracciare la mia famiglia (il padre ex portiere del Lanerossi Vicenza in Serie A, la figlia attaccante nel massimo campionato femminile, ndr) e, da buon provinciale, bere qualcosa con gli amici”.