I giudici chiedono l’intervento del governo per sbloccare il processo a carico dei 4 agenti della National Security egiziana imputati del sequestro, le torture e l’omicidio di Giulio Regeni. Dopo la richiesta in aula del procuratore aggiunto, Sergio Colaiocco, il gup di Roma, Roberto Ranazzi, ha fissato una nuova udienza per il prossimo 11 aprile disponendo nuove ricerche degli imputati da compiere in Italia attraverso i Carabinieri del Ros e la trasmissione degli atti al governo italiano per verificare eventuali esiti della rogatoria inoltrata all’Egitto nel 2019 e capire se ci siano margini per un’interlocuzione con le autorità egiziane. L’avvocato della famiglia, Alessandra Ballerini, ha commentato: “Ora tocca al governo dare una risposta”.

Adesso si attende la risposta dell’esecutivo che fino a oggi ha cercato di attuare una strategia più dialogante con il regime di Abdel Fattah al-Sisi che, però, non è riuscita a portare i risultati sperati, visto che dal Cairo non è mai arrivata alcuna risposta alla rogatoria del 2019 con la quale si chiedeva l’elezione di domicilio per quelli che allora erano i 5 indagati per l’uccisione del ricercatore di Fiumicello. Ma la comunicazione ufficiale agli agenti della Nsa non è mai arrivati ed è proprio questo aspetto che sta bloccando lo svolgimento regolare del processo. Oggi, secondo quanto disposto dal gup, i Carabinieri per accertare il luogo di residenza o di lavoro degli imputati potranno utilizzare banche dati delle forze dell’ordine, elenchi telefonici e social network.

“Siamo soddisfatti che la nostra battaglia di giustizia possa proseguire – ha commentato Ballerini al termine dell’udienza preliminare – Noi e con noi il ‘popolo giallo’ e la scorta mediatica in sei anni non abbiamo mai avuto tentennamenti. Adesso chiediamo al governo di fare la sua parte e di rispondere alle istanze del giudice e alle nostre pretese di giustizia. Il nostro Paese, il nostro governo, scelga da che parte stare, se dalla parte di chi tortura e uccide e invoca impunità o di chi chiede il rispetto di diritti inviolabili”.

L’udienza di oggi, a due settimane dal sesto anniversario del sequestro di Regeni in Egitto, si era aperta con un sit-in a Piazzale Clodio, proprio davanti ai cancelli della Procura, alla presenza dei genitori del giovane friulano, Paola Deffendi e Claudio Regeni, e del loro avvocato, tutti stringendo tra le mani lo striscione giallo con scritto Verità per Giulio Regeni.

Il procedimento è ripreso dopo lo stop del 14 ottobre scorso dovuto all’impossibilità di notificare agli imputati l’iscrizione nel registro degli indagati per via della mancata collaborazione delle autorità egiziane. Questa mattina le parti si sono presentate davanti a un nuovo gup, anche se nessun progresso è avvenuto sulla notifica ai quattro imputati. “La questione che riguarda la verità e la giustizia sulla morte di Giulio Regeni non è più solo una questione giudiziaria, ma è anche una questione politica che investe direttamente la responsabilità del nostro governo, non solo nell’ottenere gli indirizzi e la possibilità di notificare gli atti ai quattro imputati e quindi di svolgere il processo in Italia, ma più in generale di ottenere la collaborazione dell’Egitto affinché i responsabili della morte di Giulio Regeni siano processati e puniti per il reato che hanno commesso. Se il governo non riesce a farlo, perde di credibilità sul piano internazionale, ma soprattutto viene messa in discussione la sua capacità di proteggere la vita e la dignità dei cittadini italiani nel mondo”, è stato il commento duro del deputato di LeU, Erasmo Palazzotto, presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte del ricercatore friulano, intervenuto a Che giorno è su Rai Radio1.

Palazzotto non accetta inoltre l’interpretazione fornita dalle istituzioni negli ultimi anni secondo cui un approccio più dialogante abbia portato a dei risultati concreti nelle indagini sull’uccisione di Regeni: “Nel rapporto bilaterale con l’Egitto in questi anni la strategia italiana è stata sconfitta – aggiunge – Si è ribadito spesso che mantenere una linea di rapporto, aumentando la collaborazione con l’Egitto avrebbe favorito la cooperazione sul piano giudiziario. Questa strategia ha chiaramente fallito. È stata trascurata invece la necessità di costruire alleanze internazionali e di chiedere ai Paesi europei, come al Regno Unito, di esercitare pressioni nei confronti dell’Egitto affinché cooperasse”.

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Regeni, l’avvocata Ballerini: “Governo italiano ora scelga se stare con chi tortura e uccide o con chi chiede il rispetto dei diritti inviolabili”

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