In tema di inflazione l'Ocse ha rimarcato oggi come sia continuata ad aumentare fino a raggiungere il 5,8% a novembre 2021, ovvero il tasso più elevato degli ultimi 25 anni. Il nuovo presidente della Bundesbank Joachim Nagel: "La Banca centrale europea agisca". Powell (Federal Reserve): "L'economia Usa non ha più bisogno di sostegno"
La Banca Mondiale riduce le sue stime sulla crescita economica globale che, secondo le previsioni, quest’anno si fermerà al 4,1% e non più al 4,3% ipotizzato lo scorso giugno. Nel 2023 il Pil globale dovrebbe aumentare del 3,2%. Secondo la Banca l’economia mondiale sta entrando in un “pronunciato rallentamento” in seguito alle conseguenze del Covid e la riduzione dei sostegni di banche centrali e governi. “L’aumento dell’inflazione, del debito e delle disuguaglianze di reddito potrebbe minacciare la ripresa nelle economie emergenti e in via di sviluppo”, afferma l’organizzazione. “C’è un grave rallentamento in corso”, ha detto il capo economista Ayhan Kose. L’economia globale “si muove su due diverse rotte: le economie avanzate volano alto mentre i mercati emergenti e le economie in via di sviluppo sono in difficoltà”.
In tema di inflazione l’Ocse ha rimarcato oggi come sia continuata ad aumentare fino a raggiungere il 5,8% a novembre 2021, ovvero il tasso più elevato degli ultimi 25 anni, dopo il 5,2% di ottobre e l’1,2% di novembre 2020. Tra i 37 paesi membri dell’Organizzazione l’incremento è stato particolarmente forte negli Stati Uniti (6,8% di novembre contro 6,2% di ottobre), il livello più elevato dal giugno 1982. Forte aumento anche nella zona euro (4,9% a novembre contro il 4,1% di ottobre e -0,3% un anno prima) che rimane tuttavia al di sotto della media Ocse. Nella sola Italia il tasso si è attestato in novembre al 3,7% contro il 3% di ottobre. In tutti i Paesi del G7, scrive l’Ocse, l’inflazione è stata alimentata principalmente dall’aumento dei prezzi dell’energia.
“Un’inflazione alta è una minaccia alla massima occupazione” ha affermato oggi il presidente della Federal Reserve, la banca centrale statunitense, Jerome Powell, assicurando che la Fed userà i suoi strumenti contro l’aumento dei prezzi. “Se saranno necessari aumenti più aggressivi dei tassi per raffreddare l’inflazione, la Fed li farà. Se l’inflazione persiste” e saranno necessari più rialzi dei tassi “li faremo”, ha spiegato Powell. Nel 2022 “normalizzeremo” la politica monetaria: la Fed metterà fine agli acquisti di asset in marzo e probabilmente potrebbe iniziare a ridurre il suo bilancio più avanti nel corso dell’anno, ha affermato il governatore. “L’economia non ha più bisogno e non vuole più una politica altamente espansiva e accomodante: è arrivato il momento di andare avanti rispetto all’emergenza pandemia” ha concluso Powell sottolineando che il mercato del lavoro si sta “riprendendo in modo incredibilmente rapido”. La strada per un ritorno alla “normalità” per la politica monetaria è comunque “lunga”.
In Europa, Joachim Nagel neopresidente della Bundesbank, la banca centrale tedesca, ha affermato oggi “Una cosa è chiara: se la stabilità dei prezzi lo richiede, la Bce deve agire e adeguare il suo corso di politica monetaria”. Nagel ha affermato di essere preoccupato dai tassi d’inflazione e di “vedere il pericolo che questi restino alti più a lungo di quanto ci si aspetta attualmente”. “In tutti i casi la politica monetaria deve restare vigile”, ha continuato Nagel aggiungendo che “I cittadini hanno molto meno soldi rimasti nei loro portafogli. Molte persone sono preoccupate per questa perdita di potere d’acquisto”.