Gazprom Export e il suo principale partner in Turchia, Turkish BOTAS, hanno firmato un pacchetto di accordi per la fornitura di gas russo e l'uso delle infrastrutture di trasporto del gas. L'intesa segue la prima centrale nucleare turca realizzata da Rosatom e la fornitura del sistema S-400 che ha causato la crisi con gli Usa
Si rafforza la partnership commerciale tra Russia e Turchia, dopo il nuovo accordo sul gas tra Gazprom e Botas. Al di là della singola intesa, che prevede l’esportazione fino a 5,75 miliardi di metri cubi di gas naturale all’anno attraverso il gasdotto Turkish Stream per 4 anni, spicca la strategia complessiva del Cremlino, intenzionato a intensificare relazioni e, quindi, dipendenza geopolitica in settori connessi come Libia, Siria e Ucraina. Più nel dettaglio Gazprom Export e il suo principale partner in Turchia, Turkish Botas, hanno firmato un pacchetto di accordi per la fornitura di gas russo e l’uso delle infrastrutture di trasporto. L’intesa si pone come la risposta russa alle alleanze Usa nel Mediterraneo: gli Stati Uniti continuano a sostenere attivamente gli sforzi regionali per rafforzare la cooperazione e la stabilità, come dimostra il programma 3 + 1 a cui partecipano la Repubblica di Cipro, la Grecia, Israele, e quindi l’utilizzo del gasdotto Eastmed.
L’accordo Mosca-Ankara si contestualizza nei dati relativi alle esportazioni di gas russo: nel 2021 le forniture sono aumentate di 5,8 miliardi di metri cubi (bcm) a 185,1 bcm, con le esportazioni verso la sola Turchia in crescita del 63%. Il gasdotto TurkStream ha una capacità complessiva di 31,5 miliardi di metri cubi, di cui una prima linea con una capacità di 15,7 miliardi di metri cubi destinata alle forniture dei clienti domestici della Turchia e una seconda linea, con altri 15,75 miliardi di metri cubi di capacità, che veicola il gas russo in Europa attraverso la Bulgaria. In 24 mesi il flusso di gas trasportato in Turchia e in Europa tramite TurkStream è stato di 34,8 miliardi di metri cubi (bcm). Il nuovo accordo sostituisce il precedente contratto e amplia le influenze russe sul Bosforo. L’intesa segue la prima centrale nucleare turca realizzata da Rosatom e la fornitura del sistema missilistico S-400 che ha causato la crisi con gli Usa con il programma degli F35.
Mosca ha chiuso un occhio sui droni turchi venduti all’Ucraina, dove il player turco Baykar Defense e l’ucraino Ukrspecexport hanno costituito la joint venture Black Sea Shield per la produzione di 48 Bayraktar Tb2. Il drone turco è essenziale per il settore della difesa ucraina, dal momento che la marina lo impiegherà a supporto della ricognizione per i missili da crociera antinave Neptune. Quest’ ultimo è un sistema, adottato nell’agosto 2020, che senza l’azione connessa del Bayraktar sarebbe cieco. Per cui la strategia di Vladimir Putin è quella di lasciare filo ad Ankara dove possibile, per “gestire” il presidente Recep Tayyip Erdogan in contesti chiave come Libia e Siria. Da un lato Erdogan punta a contenere la Russia nel Mar Nero armando l’Ucraina, che vede come una sorta di cuscinetto verso le mire russe, ma dall’altro il presidente turco è consapevole che la partita di Kiev è ben diversa da quella giocata, con più libertà, a Tripoli. Anche il settore religioso è interessato da questi sommovimenti: la Chiesa ortodossa russa sta valutando di istituire un esarcato in Turchia, come ha appena fatto in Africa. Due le conseguenze: legare ancora di più Mosca e Ankara e aggravare ulteriormente lo scisma tra Mosca e il Patriarcato ecumenico con un danno alla comunità greco-ortodossa.