Gli agenti della Squadra Mobile, coordinati dal pm Alessia Menegazzo, dall’aggiunto Letizia Mannella e dal procuratore dei minorenni Ciro Cascone, hanno effettuato 18 perquisizioni, di cui nove a Torino, una a Bergamo, una a Rozzano e le altre nel capoluogo lombardo, a casa di ragazzi tra i 21 e i 15 anni, sia italiani che stranieri e con precedenti
A poco meno di due settimane dalle aggressioni sessuali avvenute in piazza Duomo a Milano ai danni di almeno nove giovani donne, sono stati identificati martedì e indagati i giovani considerati gli autori degli assalti. Le vittime sono state accerchiate, aggredite e molestate poco prima del countdown. Si sono ritrovate in mezzo al branco, spintonate da una parte all’altra come oggetti, con mani dappertutto, morsi e graffi, abiti strappati, oltre che rapinate.
Gli agenti della Squadra Mobile, coordinati dal pm Alessia Menegazzo, dall’aggiunto Letizia Mannella e dal procuratore dei minorenni Ciro Cascone, ieri hanno effettuato 18 perquisizioni, di cui nove a Torino, una a Bergamo, una a Rozzano e le altre nel capoluogo lombardo, a casa di ragazzi tra i 21 e i 15 anni, sia italiani che stranieri e con precedenti. E hanno sequestrato cellulari, supporti informatici e indumenti, come giacconi e berretti. L’operazione, a cui hanno preso parte anche i poliziotti della sezione di pg della Procura milanese e gli agenti della Squadra Mobile torinese e dei Reparti Prevenzione Crimine Lombardia e Piemonte, è stata resa possibile dopo l’analisi dei filmati delle telecamere di sorveglianza (è stato utilizzato anche uno speciale software di “face recognition”), dei video e delle immagini finite sui social e sul web, e dopo i racconti di testimoni e delle vittime. Vittime che ieri sono state sentite di nuovo fino a tarda sera da inquirenti e investigatori: hanno riconosciuto dai fermi immagine, ma anche attraverso gli indumenti trovati questa mattina nel blitz, i loro aggressori e ripercorso quegli attimi drammatici. Hanno subito, come sono state definite nei giorni scorsi, “violenze orribili” e sono state trattate, è la sintesi delle loro descrizioni, come “bambole di pezza” e “oggetti”.
“Spero sia fatta giustizia per noi e per tutte le altre ragazze che sono state molestate quella sera”, ha commentato una delle due studentesse tedesche prese di mira, mentre il sindaco di Milano Giuseppe Sala ha chiesto scusa a nome suo e della città e ha annunciato che il Comune si costituirà parte civile al processo.
L’inchiesta, nella quale sono stati contestati i reati di violenza sessuale di gruppo, rapina e lesioni, non è escluso che possa a breve allargarsi: si stanno vagliando altri episodi di rapine e borseggi denunciati e che riguardano anche i giorni precedenti il 31 dicembre e, quindi, il numero degli indagati (al momento 12) potrebbe aumentare così come quello delle giovani prese di mira.
Secondo un primo quadro emerso dall’inchiesta e dalle deposizioni delle ragazze, non ci sarebbe stato un piano preordinato né un’unica regia.
Suddivisi in diversi gruppi, a Capodanno, gli indagati si sarebbero riversati in piazza Duomo per incontrarsi e unire le ‘forze’. Le prime vittime, in ordine di tempo, sono state le due turiste tedesche, ventenni, trascinate nella calca, intrappolate e molestate non molto lontano dalle transenne e dalle forze dell’ordine. Poi, è toccato alla 19enne con un giubbotto rosso aggredita davanti al McDonald’s. Ha raccontato che all’inizio pensava fosse una rapina e ha allungato la sua borsetta al gruppo che in realtà ha abusato di lei fino a strapparle i vestiti in diversi punti. In quel momento sono intervenute due amiche della ragazza, che hanno subito lo stesso trattamento e hanno denunciato il giorno successivo. Poco dopo, attorno alle 00.45, un’altra giovane che si trovava in galleria Vittorio Emanuele II è stata prima rapinata del cellulare e poi molestata, così come le tre amiche che hanno tentato di aiutarla.
Nelle indagini è stata determinante l’analisi delle telecamere. Gli investigatori, insieme ai colleghi della Polizia scientifica, hanno utilizzato anche sofisticati sistemi di tracciamento come un software facciale (Sari), in particolare per comparare i volti riconoscibili dalle telecamere stradali e di sicurezza con quelle dei social su cui alcuni dei ragazzi avevano fatto commenti il giorno dopo, e con l’Afis (il sistema di identificazione delle forze dell’ordine) per quelli con precedenti.