Lo denuncia un post dell'associazione Smiling Africa, in cui si sottolinea l'assenza di inchieste per scoprire come muoiono i braccianti. L'associazione lancia poi la proposta di creare un'anagrafe delle morti silenziose per non distogliere l'attenzione, scrive in una nota sui social
Il cadavere di Toure Saidou, bracciante di 27 anni originario della Guinea, è stato ritrovato lunedì 10 gennaio in un casolare abbandonato a Brindisi, alle porte del quartiere La Rosa. Dell’uomo, sposato e padre di quattro figli, non si avevano notizie da sabato 8 gennaio, quando era andato in campagna a lavorare. “Pioveva tanto”, ha ricordato l’associazione Siming Africa, che ha dato la notizia della morte sui social con un post di denuncia: “Lunedì mattina chi gli ha prestato la bici l’ha trovato in un casolare in campagna, solo e senza vita ma accanto ad un focolare ancora caldo. Dai racconti dei compagni di lavoro è certo che al lavoro è stato male, ma allora perché non l’hanno aiutato? Perché nessuno ha fatto l’unica cosa necessaria e forse sufficiente a salvargli la vita: chiamare il 118?”.
Sabato Saidou aveva chiesto in prestito una bicicletta per andare a lavoro, ma già “non si sentiva tanto bene, lo ha detto, si è seduto ma poi ha finito il turno e non è più tornato”, ha scritto l’associazione nata a Brindisi per riunire persone provenienti dal Senegal, dal Gambia e dalla Guinea. “Perché a nessuno importa sapere come è morto Saidou e Camara Fantamadi e troppe altre persone prima di loro?“, prosegue la nota dell’associazione, che fa riferimento alla morte del migrante di 27 anni Camara Fantamadi, originario del Mali, avvenuta il 24 giugno scorso sulla strada provinciale che collega Brindisi alla frazione di Tuturano, “dopo che il ragazzo aveva lavorato zappando la terra per almeno 4 ore, sotto al sole”.
“Perché non si fa un’autopsia a questi corpi che muoiono nelle campagne? A noi interessa e insieme ai fratelli e alle sorelle costituiremo un’anagrafe di queste morti silenziose“, prosegue il post di Smiling Africa. “Con loro muore la speranza di un futuro migliore per loro, per le loro famiglie e per tutti noi, che crediamo in una convivenza civile e nella dignità del lavoro. Vigiliamo tutti uniti e con un’attenzione sempre maggiore sulle nostre campagne e nei nostri cantieri, perché questi crimini non accadano più e il valore delle vite sia uguale per tutti”, conclude l’associazione.