La sezione disciplinare del Csm non potrà utilizzare le frasi captate dal trojan in cui il parlamentare discuteva con il deputato Luca Lotti, l'ex magistrato Luca Palamara e alcuni membri togati dell'imminente nomina del nuovo procuratore di Roma. L’assemblea di Montecitorio ha approvato con 227 voti a favore e 86 contrari la relazione della Giunta per le immunità del 16 novembre scorso, che chiedeva di negare l’autorizzazione
L’Aula della Camera ha negato l’uso delle intercettazioni tramite trojan delle conversazioni del magistrato e deputato di Italia Viva Cosimo Maria Ferri, richieste dalla sezione disciplinare del Csm nell’ambito del procedimento in corso sull’incontro all’hotel Champagne di Roma, in cui il parlamentare discuteva con il deputato Luca Lotti, l’ex magistrato Luca Palamara e cinque membri togati del Consiglio dell’imminente nomina del nuovo procuratore della Capitale. L’assemblea di Montecitorio ha approvato con 227 voti a favore e 86 contrari (M5S e Alternativa) la relazione della Giunta per le immunità del 16 novembre scorso (firmata da Pietro Pittalis di Forza Italia), che chiedeva di negare l’autorizzazione. Per i fatti dell’hotel Champagne Ferri era finito sotto procedimento disciplinare (per violazione del codice deontologico della magistratura) dell’organo di autogoverno, che però ora dovrà decidere sul suo caso senza poter tenere in considerazione quei nastri fondamentali.
Approvando la relazione, la Camera ha bollato come non casuale l’intercettazione di Ferri nell’ambito dell’indagine della procura di Perugia sull’ex ras delle correnti Palamara, che fece scoppiare lo scandalo delle nomine nel giugno 2019: in sostanza, l’Aula ha ritenuto che i pm abbiano usato l’indagine per intercettare indirettamente Ferri in violazione delle guarentigie parlamentari, avendo i due magistrati una stretta frequentazione ed essendo prevedibile che avrebbero potuto incontrarsi (e quindi. durante l’incontro, il microfono avrebbe dovuto essere disattivato). Secondo il Csm, invece, le conversazioni hanno avuto carattere occasionale e quindi non rientrano nel perimetro della tutela parlamentare. Di più: anche se gli investigatori fossero stati a conoscenza della partecipazione dei parlamentari all’incontro, sosteneva la sezione disciplinare, la captazione sarebbe rimasta “fortuita” e “casuale” perché non “mirata” nei loro confronti. A quest’ultima tesi ha aderito – fin dall’esame in Giunta – anche il Movimento 5 Stelle: “L’indagine era quella su Palamara, Ferri non è mai entrato nel perimetro dell’atto di indagine”, spiegava il deputato Eugenio Saitta. Che in Aula ha ribadito come “la garanzia costituzionale di cui gode il parlamentare” sia “soltanto quella di non essere oggetto di intercettazioni mirate. Quando, come nel caso di specie, il parlamentare non solo non risulti iscritto nel registro degli indagati, ma non risulti neppure inserito nel perimetro delle indagini, si deve escludere che le intercettazioni abbiano natura indiretta”, ha concluso, annunciando il voto del proprio gruppo “per la concessione dell’autorizzazione all’utilizzo di tutte le intercettazioni”.
A favore di Ferri hanno invece votato – sia in Giunta sia in Aula – sia il Partito democratico che Liberi e Uguali: “La nostra è stata una valutazione di ordine tecnico-giuridico: secondo noi, ci sono molti elementi che fanno presumere che le intercettazioni non fossero casuali, che ci fosse una presunzione di consapevolezza degli inquirenti che a queste conversazioni captate tramite trojan partecipasse anche Ferri. Questo ci ha fatto propendere per la decisione di non consentire l’autorizzazione, perchè abbiamo ritenuto si tratti di intercettazioni non casuali ma indirette”, diceva il dem Alfredo Bazoli. Anche Federico Conte di LeU chiarisce che “la scelta di votare a favore della proposta del relatore nasce in ambito esclusivamente tecnico. Nessuna valutazione e nessun merito politico. Abbiamo analizzato la vicenda dal punto di vista strettamente giuridico, dentro il solo obiettivo del rispetto delle norme e della giurisprudenza costituzionale sulle guarentigie parlamentari”. Da parte loro esultano le forze di centrodestra: “Finalmente un rigurgito di orgoglio (costituzionalmente protetto) del Parlamento. Finalmente rispettate le prerogative dei parlamentari. Prerogative, mi spiace dirlo, abbondantemente calpestate proprio da chi è preposto alla salvaguardia della tutela dei diritti di tutti”, dice Antonio Leone, ex vicepresidente della Camera per Forza Italia e consigliere Csm, attuale presidente del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria.