"È la più veloce accelerazione registrata in due mesi", ha sottolineato la Fiaso nel suo ultimo report, che comprende 20 strutture sanitarie e ospedaliere e 4 ospedali pediatrici distribuiti su tutto il territorio italiano. La rilevazione è stata effettuata in data 11 gennaio e riguarda un totale di 2.183 pazienti adulti e 120 pediatrici
Aumentano i ricoveri come mai era accaduto negli ultimi due mesi. E anche per questo motivo sono necessari “provvedimenti che limitino la circolazione del virus e che incentivino ulteriormente le vaccinazioni e le somministrazioni di terze dosi”. È quanto si legge nel monitoraggio degli ospedali sentinella effettuato dalla Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere (Fiaso). Nella fattispecie, in una settimana all’interno delle strutture esaminate i ricoveri Covid sono cresciuti del 32%. “È la più veloce accelerazione registrata in due mesi”, ha sottolineato la Fiaso nel suo ultimo report, che comprende 20 strutture sanitarie e ospedaliere e 4 ospedali pediatrici distribuiti su tutto il territorio italiano. La rilevazione è stata effettuata in data 11 gennaio e riguarda un totale di 2.183 pazienti adulti e 120 pediatrici. Il report inoltre ha evidenziato “un aumento dei ricoveri, pari al 32%, con una decisa accelerazione rispetto alla scorsa settimana quando l’incremento era stato del 26%”. Un dato “in linea con l’aumento dell’incidenza registrato nelle ultime settimane e che pone un allarme sui posti letto riservati all’assistenza di pazienti positivi al Sars-Cov-2“.
Sul fronte delle terapie intensive, invece, il report segnala che la crescita è stata del 18%. I non vaccinati ricoverati in rianimazione sono il 67% del totale. La metà dei non vaccinati prima di finire in ospedale godeva di buona salute e non aveva comorbidità. Di contro i vaccinati in terapia intensiva sono il 33%: due su tre sono affetti da altre gravi patologie che potrebbero aver determinato una ridotta efficacia del vaccino e per l’85% dei casi si tratta di persone a cui sono state somministrate due dosi di vaccino da oltre 4 mesi e non hanno ancora ricevuto la terza dose.
Significativo anche il dato dei pazienti pediatrici. Nella settimana 4-11 gennaio la crescita sembra essersi arrestata (120 quelli attuali contro i 123 della precedente) ma con un raddoppio dei ricoveri in terapia intensiva passati da 6 a 12. L’età media ponderata è di 4,3 anni. La classe di età maggiormente colpita si conferma essere quella 0-4 anni: a essere colpiti sono in particolare i bambini molto piccoli, fra 0 e 6 mesi, che costituiscono il 42% dei pazienti pediatrici ricoverati. Dei bambini nei primi sei mesi di vita il 24% aveva entrambi i genitori vaccinati, il 37% il solo padre, il 10% la sola madre, il restante 29% nessun genitore vaccinato. Significa che nella fascia di età fra 0 e 6 mesi ben il 76% dei piccoli ricoverati aveva almeno un genitore non vaccinato. Appare importante – sottolinea Fiaso – da questi dati la vaccinazione dei genitori per la protezione dei bambini molto piccoli.
Giovanni Migliore, presidente della Fiaso, è poi entrato ancor più nel merito dei dati: “Alla luce dell’andamento epidemiologico, l’impegno delle aziende sanitarie e ospedaliere è notevole e lo sarà di più anche in considerazione di una nuova classe di pazienti che, positivi al virus Sars-Cov-2, hanno una patologia di base per la quale è necessaria l’assistenza sanitaria specialistica” ha detto Migliore, secondo cui “la presenza di pazienti positivi ma con altre malattie, infatti, impegna ancora di più le aziende da un punto di vista organizzativo“. A sentire il presidente Fiaso, si tratta “di pazienti che sono positivi e impegnano posti letto Covid ma hanno bisogno di un’assistenza interdisciplinare che ci obbliga, dunque, a duplicare i percorsi organizzativi. Sarà necessario individuare strutture assistenziali dove – ha continuato – attraverso l’intervento di più specialisti insieme dal cardiologo al neurologo fino all’ortopedico, questi pazienti possano trovare risposte: dovrà essere lo specialista a spostarsi verso il paziente e non il contrario. L’alto numero di contagi – ha concluso – impone comunque provvedimenti che limitino la circolazione del virus e che incentivino ulteriormente le vaccinazioni e le somministrazioni di terze dosi“.
Le conclusioni del report settimanale fanno seguito a quanto reso noto appena 24 ore dalla stessa Fiaso, che ha sottolineato come il 34% dei pazienti positivi ricoverati non sia malato di Covid-19: non è in ospedale per sindromi respiratorie o polmonari e non ha sviluppato la malattia da Covid, ma richiede assistenza sanitaria per altre patologie e al momento del tampone pre-ricovero risulta positivo al Sars-CoV-2. I dati sono emersi da uno studio fatto sui ricoveri di 6 grandi aziende ospedaliere e sanitarie: Asst Spedali civili di Brescia, Irccs Ospedale Policlinico San Martino di Genova, Irccs Aou di Bologna, Policlinico Tor Vergata, Ospedale San Giuseppe Moscati di Avellino e Policlinico di Bari. Secondo Fiaso, dunque, “un paziente su tre sia pur con infezione accertata al virus Sars-CoV-2, viene ospedalizzato per curare tutt’altro: traumi, infarti, emorragie, scompensi, tumori“. In tutto sono stati analizzati 550 pazienti ricoverati nelle aree Covid dei sei ospedali: un campione pari al 4% del totale dei ricoverati negli ospedali italiani. La rilevazione è stata effettuata in data 5 gennaio. Dei complessivi 550 pazienti monitorati, 363 (il 66%) sono ospedalizzati con diagnosi da infezione polmonare. Mentre 187 (il 34%) non manifestano segni clinici, radiografici e laboratoristici di interessamento polmonare: ovvero sono stati ricoverati non per il virus ma con il virus. La diagnosi da infezione da Sars-CoV-2 è dunque occasionale. Per la stragrande maggioranza, il 36% del totale dei ricoverati positivi ma senza sintomi respiratori, si tratta di donne in gravidanza che necessitano di assistenza ostetrica e ginecologica. Il 33%, invece, è composto da pazienti che hanno subito uno scompenso della condizione internistica derivante da diabete o altre malattie metaboliche, da patologie cardiovascolari, neurologiche, oncologiche o broncopneumopatie croniche. Un’altra quota, pari all’8%, riguarda pazienti con ischemie, ictus, emorragie cerebrali o infarti. Un altro 8%, invece, è rappresentato da quei pazienti che devono sottoporsi a un intervento chirurgico urgente e indifferibile pur se positivi al Covid. C’è inoltre una parte, complessivamente il 6% del totale, di pazienti che arrivano al pronto soccorso a causa di incidenti e richiedono assistenza per vari traumi e fratture.
Secondo Fiaso, da sottolineare inoltre la differenza di età tra i due gruppi di degenti positivi. I pazienti ricoverati per il Covid sono molto più anziani e hanno in media un’età di 69 anni mentre i soggetti contagiati privi di sintomi e ricoverati per altre patologie hanno in media 56 anni. Tra i soggetti che hanno sviluppato la malattia polmonare da virus risulta vaccinato con un ciclo completo di tre dosi o con due dosi da meno di 4 mesi solo il 14% di contro tra coloro che sono positivi al Sars-CoV-2 ma sono ricoverati per altre patologie è vaccinato con tre dosi o con due dosi da meno di 4 mesi il 27%. In entrambi i gruppi c’è una preponderanza di soggetti non vaccinati o che non hanno ancora fatto la dose booster. “Ci aspettiamo di dover far fronte ad un numero sempre più ampio, vista l’ampia circolazione e l’elevata contagiosità del virus, dei ricoveri per patologie non Covid in pazienti che, però, hanno l’infezione – ha spiegato Migliore – Va riprogrammata l’idea dell’assistenza creando non solo reparti Covid e no Covid, ma è necessario realizzare nuove strutture polispecialistiche in cui sia garantita l’assistenza specialistica cardiologica, neurologica, ortopedica in pazienti che possono presentare l’infezione da Sars-Cov-2. Occorre pensare – ha detto ancora – a reparti Covid per il cardiotoracico, per la chirurgia multispecialistica. Per l’ostetricia già in molti ospedali sono state realizzate aree Covid. A Brescia e Bari esistono anche degli ambulatori per la dialisi di pazienti positivi. Bisogna riprogrammare sulla base delle nuove esigenze l’assistenza sanitaria“.