Scienza

Long Covid, cos’è la sindrome post virale. Guido Rasi: “Dopo l’emergenza ci ritroveremo ad affrontare una sorta di mini-pandemia”

Può debilitare una persona sotto molti aspetti anche per parecchie settimane dopo la negativizzazione, e cioè dopo la guarigione e la conseguente eliminazione del virus dall’organismo. Secondo una ricerca della Penn State College of Medicine, pubblicata su Jama Network Open, oltre il 50% di coloro che hanno sviluppato l'infezione Covid-19 svilupperà il Long Covid

“Quando finalmente questa epidemia globale rientrerà ci ritroveremo ad affrontare una sorta di mini-pandemia, un indefinito strascico di persone alle prese con il cosiddetto Long Covid”. Guido Rasi, consulente scientifico del commissario Figliuolo e direttore scientifico di Consulcesi, punta i riflettori su una delle più temute conseguenze dell’emergenza sanitaria provocata dal Sars Cov 2, il Long Covid. Si tratta di una sindrome post-virale che può debilitare una persona sotto molti aspetti anche per parecchie settimane dopo la negativizzazione, e cioè dopo la guarigione e la conseguente eliminazione del virus dall’organismo. Secondo una ricerca della Penn State College of Medicine, pubblicata su Jama Network Open, oltre il 50% di coloro che hanno sviluppato l’infezione Covid-19 svilupperà il Long Covid. Una metanalisi pubblicata da Nature suggerisce addirittura che fino all’80% delle persone che hanno contratto Covid-19 presenta uno o più sintomi a distanza di molti mesi. Non vengono risparmiati neanche i bambini. “Vi sono evidenze che una percentuale quantificabile secondo alcuni studi nell’ordine del 7% può sviluppare i sintomi prolungati da patologia da Covid 19”, conferma Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità e coordinatore del Comitato tecnico scientifico per l’emergenza coronavirus.


(video di Pietro Barabino)

I sintomi del Long Covid sono piuttosto vari ed eterogenei e non è ancora chiaro se siano causati direttamente dal virus o se siano provocati dallo stress o dal trauma dell’infezione. Uno studio pubblicato su Lancet EClinMedicine ha elencato oltre 200 sintomi attribuibili a questa condizione. Sono in molti a presentare sintomi per oltre sei mesi dalla fine della fase acuta della malattia o dalla negativizzazione del tampone. Il sintomo più diffuso è la stanchezza, seguita dalla perdita del gusto e dell’olfatto. Un altro sintomo riportato molto frequentemente è la “nebbia mentale”, condizione caratterizzata da problemi di memoria e di concentrazione in aggiunta alla costante sensazione di stanchezza. E poi: vertigini, mal di testa, difficoltà nel sonno, respiro corto, palpitazioni e battito irregolare, sintomi neurologici come ansia o stress, disturbi gastrointestinali, iper-sudorazione, eritemi cutanei, perdita di capelli, debolezza delle unghie, dolori muscolari e problemi renali.

Ad oggi, purtroppo non esistono terapie specifiche per curare i disturbi legati al Long Covid. Si è costretti a convivere con i sintomi fino alla loro regressione. Le terapie possono prevedere: esercizi di riabilitazione fisica; diete alimentari per riprendere peso o massa muscolare o, al contrario, per perdere peso; supporto psicologico per coloro che presentano stress post-traumatico.

La ricerca sul Long Covid è molto vivace. Arianna Di Stadio, ricercatore onorario presso il Laboratorio di Neuroinfiammazione del UCL Queen Square Neurology di Londra, docente di Neuroscienze all’Università di Perugia, ha recentemente coordinato uno studio sulla perdita di gusto e olfatto nella sindrome del Long Covid e il loro legame con alterazioni neuroinfiammatorie. I risultati, in corso di pubblicazione sulla rivista Pnas, propongono un metodo nuovo che consente il recupero dell’olfatto. Il metodo si basa su un training olfattivo insieme alla somministrazione degli agenti neuroprotettivi e antinfiammatori Palmitoiletanolamide (PEA) e Luteolina (PeaLut), sostanze selezionate in base al loro meccanismo di diminuzione della neuroinfiammazione. “Questo approccio multimodale si basa sulla riduzione della neuroinfiammazione all’interno del sistema olfattivo per creare un ambiente rigenerativo favorevole alla ripresa”, spiega Di Stadio.

Diverse anche le conseguenze sulla salute mentale. “I pazienti affetti da Long Covid sviluppano forme di ansia e depressione molto specifiche, poiché non si spiegano il motivo del persistere del loro malessere”, dice Adelia Lucattini, psichiatra e psicoanalista della Società psicoanalitica italiana e della International psychoanalytical association. Quando un paziente con Long Covid arriva dall’analista, quello che si riscontra – stando a quanto riferito dalla specialista – è forte preoccupazione, senso di precarietà dell’esistenza, mancanza di capacità di fare progetti e molta paura di non poter portare a termine i piani già intrapresi o non riuscire a farne di nuovi. “Tutto ciò si accompagna naturalmente a delle forme depressive persistenti e anche a sviluppare un’ansia che naturalmente aggrava i problemi legati al sonno”, dice Lucattini. “Nelle forme più severe e prolungate, un trattamento psicoanalitico classico – continua – è sicuramente necessario ma per tutti i pazienti con Long Covid è consigliabile una psicoanalisi focale e centrata proprio sui disturbi e su quello che questi provocano, che può svolgersi in 15-20 incontri con un analista esperto di età evolutiva, oltre che dei problemi specifici legati al Long Covid”. Ma per il Long Covid, prevenire è meglio che curare. “È anche per questo che spingiamo alla vaccinazione: evitare la malattia significa prevenire il Long Covid e tutto quello che ne consegue”, conclude Rasi.

Lo studio su Jama Network Open

Lo studio su Scientifc reports (Nature)

Lo studio su The Lancet