Il gruppo di genetisti cinesi guidati da Wenfeng Qian, ricercatore dell’Institute of Genetics and Developmental Biology della Chinese Academy of Sciences, parte dalla necessità di fornire una risposta sulle reali origini della mutazione. E analizzando le sue caratteristiche sono arrivati a ritenere altamente probabile che sia nata da un doppio passaggio da uomo a topo e, successivamente, da topo a uomo
Non una mutazione sviluppatasi da quelle già in circolazione, ma una nuova variante che avrebbe compiuto il doppio salto di specie: da uomo a topo e successivamente da topo a uomo. È la conclusione alla quale è arrivato un gruppo di genetisti cinesi che ha studiato le origini di Omicron, guidati da Wenfeng Qian, ricercatore dell’Institute of Genetics and Developmental Biology della Chinese Academy of Sciences, in pubblicazione sul Journal of Genetics and Genomics.
Il nuovo studio cinese parte dalla necessità di fornire una risposta sulle reali origini della mutazione che si sta diffondendo in tutto il mondo a una velocità mai vista ed sviluppatasi probabilmente in Sudafrica. La sua particolarità, come rivelato anche da una recente pubblicazione sulla rivista Science, è che dagli studi effettuati emerge che questa non si è originata dalle precedenti mutazioni del Sars-Cov-2, ma mostra tutte le caratteristiche di un’evoluzione separata, potremmo dire parallela.
Per questo, gli scienziati cinesi si sono messi alla ricerca dei passaggi possibili che hanno potuto dare origine alla nuova variante ormai predominante in diversi Stati e, ha spiegato Qian in un’intervista a Repubblica, sono partiti dal fatto che “Omicron ha accumulato il maggior numero di mutazioni nella proteina Spike tra le oltre 6 milioni di varianti del Sars-CoV-2 che sono state sequenziate. Questa particolarità potrebbe spiegarsi facilmente se il progenitore di Omicron fosse passato dagli umani a una specie non umana perché questo ‘salto’ avrebbe richiesto un notevole numero di mutazioni affinché la Spike si adattasse alla nuova specie”. Per spiegare invece la diffusione così vasta tra la popolazione mondiale, sono così arrivati a ipotizzare e, secondo quanto sostengono, a dimostrare che è altamente improbabile che la mutazione si sia evoluta negli umani perché “nessuna delle 6 milioni di varianti, comprese quelle che si sono evolute nei pazienti con infezione cronica, è stata soggetta alla stessa forte selezione darwiniana sulla proteina Spike che si vede nel progenitore di Omicron. Una selezione che si spiega con la necessità di adattarsi a un’altra specie“. Così, dato che “diverse mutazioni nella proteina Spike di Omicron rafforzano la capacità del virus di legarsi ai recettori ACE2 dei topi”, si è arrivati alla conclusione che sia proprio da questi animali che si è originata, dopo un nuovo salto di specie, la mutazione.