Mondo

Spagna, la strategia di Sanchez per “normalizzare” il virus divide gli esperti: “Basta quarantene”. “No, 200 morti al giorno sono normali?”

Per molti è ancora troppo presto e bisognerà osservare la curva dei contagi causati da omicron. Il premier Sánchez vuole portare il dibattito nelle istituzioni europee. Intanto, sono già cinque le Comunità Autonome e nove gli ospedali che hanno cominciato a sperimentare questo sistema

“Dobbiamo valutare l’evoluzione del Covid come malattia endemica. La letalità non è la stessa di prima, siamo passati dal 13% a quasi l’1%”. In un’intervista alla Cadena SER, il premier spagnolo Pedro Sánchez ha anticipato il futuro cambio di strategia sulla gestione della pandemia. Dall’estate del 2020, il Paese iberico studia la possibilità di cominciare a trattare il Covid come l’influenza, non più contabilizzando tutti i casi ma effettuando controlli a campione in zone specifiche di ogni regione. La maggioranza della comunità scientifica si è espressa finora negativamente.

Sono già cinque le Comunità Autonome e nove gli ospedali che hanno cominciato a sperimentare questo sistema. L’obiettivo è innanzitutto svuotare l’assistenza sanitaria di base, ovvero quei pronto soccorsi, medici di base e centros de salud — strutture pubbliche simili ai poliambulatori — che sono stati invasi dall’ondata di casi della variante Omicron, tralasciando altri servizi. Anche per questo il governo ha acquistato 344mila dosi del farmaco antivirale di Pfizer Paxlovid, ha esentato i contatti asintomatici dei positivi dal tampone e ha annunciato il calmieramento del prezzo dei test.

Proprio una delle più grandi associazioni di medici di base, la Società Spagnola di Medicina Familiare e Comunitaria (Semfyc) ha sottolineato in un comunicato che è giunto il momento di cambiare paradigma, sposando l’idea del governo. “Smettiamo di visitare e testare persone sane con sintomi minori, smettiamo di testare i loro contatti, abbandoniamo le quarantene e gli isolamenti. Tutte queste attività, che avevano senso prima, sono state superate dall’immunità acquisita e dall’arrivo di Omicron”, si legge nel documento. In Spagna il 90% della popolazione over 12 è vaccinata, l’84% dei maggiori di 60 anni ha già la terza dose. Solo Danimarca, Portogallo e Malta superano questi dati nell’Unione Europea.

Non sono dello stesso avviso le altre due organizzazioni di medici di famiglia, la Semg e la Semergen, che hanno parlato di decisione “avventata”. “Il piano è un tentativo di minimizzare la situazione. Per prendere una decisione come questa bisogna avere un grado di infezione basso e un’alternativa terapeutica per poter assistere determinati casi con farmaci”, ha riferito il portavoce di Semg Lorenzo Armenteros all’agenzia Efe. “In questo momento è una situazione molto lontana dal verificarsi”, ha aggiunto. Lo stesso sostiene anche Vicente Martín di Semergen: “Dobbiamo considerare normale la morte di 200 persone al giorno? Qual è il numero di morti da considerare accettabile?”.

Loro, come molti epidemiologi che si sono espressi sulla stampa dopo le dichiarazioni di Sánchez, hanno citato l’aumento dei ricoveri dovuti alla variante Omicron. “In questo momento il Covid non è arrivato a livelli endemici, cioè quando non causa effetti sulle ospedalizzazioni, morti o assenze dal lavoro”, ha detto a Canal Sur l’epidemiologo e membro dell’Oms Daniel López Acuña. Fino a lunedì quasi 17mila persone erano ricoverate con Covid, di cui oltre 2mila in terapia intensiva, una cifra simile alle ultime due ondate. Il governo vuole infatti aspettare che la curva dei contagi si plachi prima di implementare il nuovo sistema, ma nel frattempo si sta già muovendo, perché Sánchez vuole portare il dibattito nelle istituzioni europee. Non sarà facile: bisognerà parlarne anche con l’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Da parte sua, gli organi che collaborano con il governo, ritengono impossibile continuare a contabilizzare tutti i casi nel lungo periodo. “Data l’enorme trasmissibilità del Covid, è diventato difficile rispettare i protocolli di vigilanza universale”, ha spiegato a El País Amparo Larrauri, uno dei responsabili del Centro Nazionale di Epidemiologia.