Inter-Juve è sempre Inter-Juve. Con rivalità, tradizione, agonismo, polemiche arbitrali che non possono mancare mai. Una partita vera, sempre, anche con tutte le assenze bianconere e nel momento di massima superiorità nerazzurra, come forse solo dopo Calciopoli. Insomma, una finale, lunga 120 minuti ma non di più. La Supercoppa italiana è dell’Inter: 2-1, con il gol decisivo di Sánchez all’ultimo secondo dei tempi supplementari, dopo le reti di McKennie e Lautaro, un’infinità di occasioni, la tensione che solo la storia di Inter-Juve sa trasmettere.

Ha vinto la squadra più forte, che per almeno 90 minuti ha giocato per vincere, nel primo tempo quasi per stravincere. I nerazzurri di Inzaghi volevano ribadire di essere campioni d’Italia, scacciare via definitivamente quel complesso d’inferiorità che li ha accompagnati nell’ultimo decennio. Erano in casa, a San Siro, solo formalmente diviso a metà per la Supercoppa. Nel momento di massima forma e fiducia, mentre dall’altra parte c’era una Juventus ridotta ai minimi termini, con gli infortuni di Chiesa, le squalifiche di De Ligt e Cuadrado, Szczesny costretto in panchina dal green pass. E il divario si è visto. Nel gioco, ma non nel punteggio. La Juventus ci ha messo un po’ di tattica, con Allegri che ha puntato sul catenaccio, infastidendo la manovra in Inzaghi ma senza mai metterla davvero in difficoltà. La Juventus ci ha messo soprattutto cuore, non rinunciando mai a pressare la costruzione nerazzurra, tenendo botta su botta in marcatura e nei contrasti. Era quasi tutto ciò che aveva, ma non è bastato.

L’avvio dell’Inter è stato feroce, voleva schiacciare la rivale di sempre con cui è riuscita a vincere solo una volta negli ultimi 11 incontri, l’anno scorso, nel big match che lanciò la squadra di Conte verso lo scudetto. Con la solita trama e un pressing asfissiante, in 7 minuti i nerazzurri collezionano tre occasioni e Lautaro ne divora due. Ancora più clamorose le proteste per un rigore non fischiato a Chiellini su Barella, ma l’arbitro Doveri lo giudica un contatto di gioco e il Var non interviene. La Juve prova ad abbassare il ritmo col palleggio, addormentare la partita, aspettare tempi migliori ma finisce solo per sbagliare passaggi e consegnarsi al forcing avversario. Dopo venti minuti di apnea comincia a mettere il naso fuori, l’Inter invece respira. Il gol bianconero sembra un fulmine a ciel sereno, ma in realtà è anticipato da qualche serpentina di Bernardeschi e Morata: da un guizzo dello spagnolo nasce un cross su cui la retroguardia nerazzurra si fa trovare impreparata, McKennie solo in mezzo all’area infila Handanovic di testa. Quasi incredibile, la Juve è in vantaggio.

L’Inter, così sicura, così padrona, si disunisce per un attimo. Le distanze, sempre perfette, si sfasano, le maglie si allargano. Allegri pensa di poterne approfittarne, ma dura una manciata di minuti, il tempo di riorganizzarsi e riportarsi in area con Dzeko, tamponato da De Sciglio. Il rigore è meno netto del precedente ma stavolta l’arbitro Doveri non può esimersi: dopo troppi errori dal dischetto, Lautaro non sbaglia. 1-1, il primo tempo giocato a ritmi forsennati è volato via in un soffio. Il secondo riparte da dove si era interrotto: la Juve prova a reggere botta, crea anche un’occasione con Bernardeschi, forse la più nitida del match. Ma poi è un assedio nerazzurro, in cui la Juventus quasi non riesce ad uscire dalla sua metà campo. Allegri si gioca l’unica carta che ha a disposizione, Dybala, lasciato in panchina per un quarto d’ora finale di freschezza di cui non si accorgerà nessuno. Non cambia nulla, passa solo il tempo che fiacca le squadre e le avvicina al 90’, quando l’Inter ancora non è riuscita a sfondare. Anzi rischia, con una manata di Bastoni sulla faccia di McKennie proprio allo scadere, ma Doveri non se la sente di decidere per questo la Supercoppa.

Si va ai supplementari, la Juventus se li è meritati, quando dopo 100 minuti di fatica è diventata una partita alla pari, come voleva Allegri. E per quello che si è visto, forse alla fine avrebbe meritato anche i calci di rigore. Invece si ferma a un passo dal traguardo, sull’ultimo pallone della gara, quando l’ultimo a crederci è Darmian e non Alex Sandro: dal rimpallo in mezzo all’area la palla finisce sui piedi di Sanchez che la spinge dentro, al 120’. L’Inter in questo momento è la più forte, e si sapeva già. L’Inter ha vinto anche la Supercoppa. L’ultimo trofeo dell’eredità di Conte, il primo trofeo dell’era Inzaghi.

Twitter: @lVendemiale

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Serie A e Covid, ecco il nuovo protocollo: partite rinviate se una squadra ha il 35% di calciatori positivi

next
Articolo Successivo

Domeniche bestiali – L’Arsenio Lupin di Roma, le paranoie del Re Sole (che odiava la luce) e lo sputo da fuori area

next