L’Italia potrebbe valutare di sospendere la quotidiana comunicazione dei dati sulla pandemia, a partire da quelli relativi ai nuovi contagi. L’ipotesi potrebbe già essere al vaglio del ministero della Salute, come suggerito del sottosegretario Andrea Costa che ha chiesto al ministro “di fare una riflessione sull’attuale sistema di report”. Ma ad accendere il dibattito sull’opportunità di pensionare il bollettino giornaliero sono state le parole del primario di Malattie infettive all’ospedale San Martino di Genova, Matto Bassetti, certo che ormai “siamo rimasti gli unici a fare un report tutti i giorni”. Ma le cose non stanno esattamente così. Sono infatti la grande maggioranza i paesi in cui l’andamento della pandemia viene aggiornato quotidianamente: dalla Francia alla Spagna, dalla Gran Bretagna alla Germania, dove proprio oggi si è registrato un record che sarebbe difficile non condividere immediatamente: 80mila nuovi contagi, mai così tanti dall’inizio della pandemia.
“Bisogna finirla col report serale, che non dice nulla e non serve a nulla se non a mettere l’ansia alle persone”, ha detto Bassetti in un’intervista radiofonica. E ha suggerito di passare a un bollettino con cadenza settimanale: “I numeri comunicati come fatto finora danno l’idea che vada tutto male, e ci fanno fare brutta figura col resto del mondo”. A due anni di distanza dall’inizio della pandemia, e mentre paesi come Gran Bretagna e Spagna parlano già di fase endemica del contagio, l’infettivologo suggerisce di allinearci a quanto già fanno negli altri paesi. Ma proprio nel Regno Unito, come è possibile verificare attraverso il sito del governo inglese, i dati sono tutti a disposizione dei cittadini e tutti aggiornati ogni sera, proprio come da noi. Londra fornisce quotidianamente il numero dei nuovi casi, quello sui tamponi e l’incremento percentuale. Ma anche il dato relativo ai vaccinati, ai decessi e alle ospedalizzazioni. Proprio su quest’ultimo dovremmo concentrarci in Italia, anche secondo il sottosegretario Costa. “Dovremmo soffermarci soprattutto sui dati delle ospedalizzazioni e delle terapie intensive, perché oggi il dato relativo al numero dei contagi quotidiano non è così cruciale, ma lo sono i dati sulle ospedalizzazioni”, ha detto Costa, aggiungendo che la cosa importante “è che i casi rilevati non determinino pressione eccessiva sugli ospedali”.
Il dibattito sul passaggio da pandemia a endemia è in corso in tutta Europa, ma Organizzazione mondiale della sanità e Ageniza europea del farmaco (EMA) chiedono prudenza, soprattutto di fronte alla maggiore contagiosità della variante Omicron, che secondo l’OMS potrebbe contagiare fino al 50 percento della popolazione europea nei prossimi due mesi. Così anche in Francia si continua a diramare i dati quotidianamente, con un report ufficiale che finisce ogni sera nei telegiornali nazionali. E così ad oggi si fa in Germania, troppo preoccupata dai numeri dell’ondata in corso per togliere ai tedeschi la fotografia reale del contagio, che proprio oggi segna il record da inizio pandemia: 80mila nuovi casi in un solo giorno. Infatti, argomentano i contrari alla proposta di Costa, se la comunicazione quotidiana crea ansia, come sostiene Bassetti, non diramare la casistica tutti i giorni potrebbe invece spingere un rilassamento nei comportamenti che rischia di favorire il virus, e mai momento potrebbe essere più sbagliato. All’opposto, si potrebbe chiedere agli olandesi, il cui governo ha deciso di passare a dati aggiornati solo settimanalmente, senza però aver rivisto la struttura dei dati raccolti, che continuano a fotografare i nuovi casi, i decessi, le ospedalizzazioni e i test eseguiti sulla popolazione.
Chi pensa a un cambiamento più radicale, a partire dalla raccolta dei dati, è il governo di Madrid, che però ad oggi non ha modificato la strategia comunicativa sul contagio. E lo studio sull’ipotesi di una nuova strategia sul monitoraggio è tuttora in corso. L’idea sarebbe quella di passare a una sorveglianza mirata, basata su campioni biostatistici da rilevare innanzitutto negli ospedali, nei centri sanitari e nelle scuole. Il piano è stato annunciato anche dal premier Pedro Sánchez, che ha parlato dell’introduzione di parametri diversi da quelli usati fino ad ora: “Dobbiamo valutare l’evoluzione del Covid dalla situazione di pandemia vissuta finora verso quella di una malattia endemica”. Quanto alle tempistiche, è probabile che non si partirà se non dopo la fine dell’ondata in corso. E almeno fino ad allora gli spagnoli continueranno a ricevere aggiornamenti quotidiani.