“Bisogna cambiare il conteggio dei malati Covid, non si può contare come malato quello che ha un braccio rotto e un tampone positivo. Sono numeri che ci fanno fare brutta figura col resto del mondo”. La vede così Matteo Bassetti, l’infettivologo del San Martino di Genova tornato a indossare i panni del grande pompiere su radio e tv. “La cosa importante – sostiene – sarebbe sapere quanta gente entra in ospedale con la polmonite da Covid e quanta gente invece entra in ospedale per altre patologie e ha un tampone positivo. Bisogna capire se la pressione sugli ospedali è da polmonite da Covid oppure se è dovuta all’enorme numero di tamponi che viene fatto. Ci vorrebbe una distinzione molto chiara”. Eppure da primario dovrebbe sapere qual è lo scopo del test a chi arriva in ospedale: separare i percorsi “sporchi” da quelli “puliti”, evitando che le strutture sanitarie diventino focolai come accaduto durante la prima ondata. Anche chi “ha un braccio rotto e un tampone positivo”, infatti, dev’essere gestito come paziente Covid (seppur asintomatico) e non può condividere gli stessi spazi con chi non lo è: se in un reparto ci sono più di un tot di positivi, si trasforma in automatico in reparto Covid. Ed è per questo che i dati sulla circolazione complessiva del virus hanno molto a che vedere con la gestione quotidiana delle corsie.

Lo sanno bene proprio al San Martino, il maggiore ospedale della Liguria. Da una ventina di giorni qui gli spazi Covid-free hanno iniziato a contrarsi in base al piano incrementale di Alisa (la centrale sanitaria regionale) che ordina ad Asl e singole strutture di approntare sempre più posti letto “sporchi” quanto più aumenta la pressione del virus sulle strutture. E non si intendono soltanto i ricoverati con sintomi Covid, bensì chiunque, per qualsiasi motivo (compreso il “braccio rotto”) si trova in ospedale da positivo e dev’essere gestito come tale. La circolare inviata il 22 dicembre scorso dal direttore generale di Alisa Filippo Ansaldi individuava una strategia per fasi: nella prima, scattata il 22 dicembre, si chiedeva ai dirigenti di approntare un totale di 259 letti Covid nell’area metropolitana di Genova, di cui 80 al San Martino. La progressione però è stata tanto veloce da sfondare, in pochissimo tempo, per ben due volte la soglia dell’85% dei posti occupati che fa scattare la fase successiva. Così da qualche giorno si è entrati nel terzo step, che fissa la quota di posti Covid disponibili a 415, di cui 130 al San Martino, il 10% della capacità complessiva dell’ospedale. Cinquanta letti in più da riservare ai positivi nell’arco di una manciata di giorni.

Il risultato è che i reparti “puliti” trasformati in equivalenti Covid sono ormai tre: le cure intermedie nel padiglione 10 (che assiste i pazienti dimessi dai reparti per acuti), la pneumologia al padiglione Maragliano (dove sono stati bloccati i ricoveri programmati) e la medicina d’urgenza per pazienti “affetti da quadri gravi e complessi” al quinto piano del padiglione Monoblocco, il corpo principale dell’ospedale. A questi si aggiungono 18 posti letto in pronto soccorso. E con ogni probabilità non è finita qui, perché il numero di letti occupati (328) è a un passo dalla soglia di 352, quell’85% che farebbe entrare l’area di Genova nella quarta e ultima fase in cui i letti Covid crescerebbero fino a 628, di cui 282 al San Martino. In vista di questa ipotesi la direzione è pronta a convertire anche il padiglione 12, che ospita l’endocrinologia e una clinica di medicina interna. Anche nei reparti in cui i ricoveri programmati si fanno ancora, inoltre la tendenza è quella a “spalmarli” nel tempo per non pesare troppo sull’organizzazione interna, falcidiata dalla carenza di personale. “Tra no vax e contagiati al momento mancano 320 sanitari”, dice al fatto.it il direttore generale dell’istituto, Salvatore Giuffrida. “Ogni sera e ogni mattina facciamo una riunione per rimodulare i posti letto tra sporchi e puliti: abbiamo già dovuto accorpare vari reparti per guadagnare turni. Finora riusciamo a garantire le prestazioni a tutti, ma siamo al limite”. Contattato per un commento, Bassetti non ha voluto rispondere.

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Covid, Regioni in pressing sul governo: “Non conteggiare gli asintomatici tra i positivi e i ricoverati”. L’ipotesi di una quarantena ridotta

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