Le Regioni fanno pressing sul bollettino che registra i positivi e sulla necessità di rivedere i parametri di classificazione dei ricoveri ospedalieri: chiedono di non considerare più gli asintomatici. Il governatore del Veneto Luca Zaia fa sapere che avanzeranno al governo la proposta, ma intanto arriva già lo stop dell’Istituto superiore di Sanità: “la definizione dei casi di sorveglianza deve contenere i positivi e non solo i casi con sintomatologia più indicativa” altrimenti “non controlleremo il virus”.

I governatori puntano invece a evitare la zona arancione, fascia in cui aumentano le restrizioni soprattutto per i no vax – non possono uscire dal comune di residenza se non per lavoro, salute e urgenza – e nella quale si entra con l’occupazione delle terapie intensive al 20% e quella dei reparti Covid al 30%. Il rischio è concreto, dato che già nelle prossime ore tre regioni, Calabria, Piemonte e Sicilia, potrebbero cambiare fascia. Lo conferma la mappa del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) in cui l’Italia è tutta in rosso scuro e lo conferma l’analisi del Gimbe.

Zaia cita proprio l’Ecdc: “Il massimo organo europeo per le pandemie spiega che si definisce ‘caso’ un soggetto ammalato, con malattia respiratoria acuta o sintomi simil influenzale, o quando il tampone è positivo. Cosa significa? Che il paziente senza sintomi, o quello che a sintomi ma non è positivo, non è un ‘caso Covid’. L’Istituto superiore di Sanità, però, non la pensa così. Anzi: gli asintomatici vanno contati. Lo si legge con chiarezza nelle faq pubblicate sul sito dell’Istituto. Il Covid “dà una sintomatologia variegata e in evoluzione anche per la comparsa di nuove varianti virali che interagiscono in modo spesso diverso con il nostro organismo”. E questo, “rende molto difficile riconoscere clinicamente un’infezione sintomatica da SARS-CoV-2 in assenza di una conferma di laboratorio“. Inoltre in molti casi, soprattutto tra i non vaccinati, l’infezione “decorre in maniera asintomatica”. Dunque, “non sorvegliare questi casi limiterebbe la capacità di identificare le variabili emergenti” e “non renderebbe possibile monitorare l’andamento della circolazione del virus”. Non solo. Nelle faq l’Iss afferma che non è vero che l’Ecdc ha cambiato la definizione di caso: “È la stessa del dicembre 2020”.

L’enorme quantità di casi – 1,2 milioni in 7 giorni – “incontrando una popolazione suscettibile troppo numerosa, sta progressivamente saturando gli ospedali. E, di conseguenza, molte regioni si avviano verso la zona arancione entro fine mese”. La cabina di regia si riunirà nelle prossime ore e solo dopo che i tecnici avranno analizzato i numeri il ministro della salute Roberto Speranza firmerà le ordinanze. Stando ai dati dell’Agenas, già da lunedì potrebbero però passare in arancione la Calabria, che ha le intensive al 20% e i reparti ordinari al 38%, il Piemonte, rispettivamente 23% e 33%, e la Sicilia, che ha le rianimazioni al 20% e i reparti Covid al 33%. Ma se il trend non si inverte, le prossime settimane vedranno altre 10 regioni cambiare colore: Friuli Venezia Giulia, Lazio, Marche, provincia di Trento, Toscana e Veneto hanno sforato la soglia del 20% nelle intensive mentre Liguria, Umbria Lombardia, e Valle d’Aosta sono già oltre il 30% dell’occupazione nei reparti Covid.

A palazzo Chigi, intanto, si sta lavorando al Dpcm che dovrà definire, in vista del 20 gennaio, quali sono le attività e i servizi ai quali si potrà accedere anche senza Green pass, come previsto dal decreto del 7 gennaio, quelle “necessarie per assicurare il soddisfacimento di esigenze essenziali e primarie della persona” si legge nel testo. Sarà sicuramente possibile fare la spesa al supermercato, andare in farmacia, in ospedale, dal medico di base, dal veterinario. E ancora, andare a denunciare un reato o per esigenze urgenti di tutela dei minori, per andare in tribunale a testimoniare. Il dibattito nel governo su questo fronte però è ancora aperto: la bozza messa a punto dal ministero della Pubblica amministrazione potrebbe prevedere un numero limitato di eccezioni guidate dal criterio dell’urgenza ma il ministero dello Sviluppo Economico starebbe spingendo per una lista più ampia che includa anche tabaccai, edicole, librerie, negozi di giocattoli.

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