Niente azzeramento della giunta. Il furore del presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci, esploso dopo il forfait inflitto dai suoi mercoledì pomeriggio col voto segreto in aula, è andato via via affievolendosi fino al dietrofront di oggi. Così che dopo il voto in aula, il fossato creato attorno al presidente siciliano dai franchi tiratori, sembra adesso ancora più profondo, dopo la sua reazione di certo molto ‘calda’. Arrivato solo terzo come delegato per l’elezione del presidente della Repubblica, Musumeci aveva reagito prima lasciando intendere che si sarebbe dimesso. Poi in una diretta Facebook lanciando strali contro i franchi tiratori, almeno 8 deputati, definiti “scappati di casa”, “disertori” e “ricattatori”, Infine aveva annunciato che avrebbe azzerato la giunta.
E invece no: tutto rinviato. Annacquato come la sua ira di ieri, infranta di fronte all’ostruzionismo dei suoi alleati, gli stessi che gli avevano dato il ben servito, che aveva additato nella diretta social. Sono state poco più di 24 ore di fuoco per Musumeci – che adesso sembra sempre più debole – iniziate col voto ieri pomeriggio all’Assemblea regionale siciliana per scegliere i delegati per l’elezione alla presidenza della Repubblica. Un voto che è considerato quasi predeterminato perché per convenzione vengono scelti il presidente della Regione, il presidente del consiglio regionale (o dell’Assemblea, nel caso della Sicilia), e un rappresentante delle opposizioni. Musumeci è sì nella rosa dei tre delegati, ma ha ottenuto dall’aula soltanto 29 voti: ne sono venuti a mancare almeno 8, andati tutti al capogruppo del M5s Nuccio Di Paola, risultato secondo con 32 voti, mentre primo è arrivato il presidente dell’Ars, Gianfranco Micciché, con 44 voti.
Un voto di “sfiducia” per più di qualcuno, a cui Musumeci ha reagito in modo forse troppo scomposto. Di certo una reazione che non è andata giù ai partiti di maggioranza, gli stessi che dovevano designare i nuovi nomi per il rimpasto mantenendo sullo sfondo la riconferma di Musumeci come candidato del centrodestra alla presidenza della Regione per la quale si voterà il prossimo autunno. Dopo ieri, però, e soprattutto dopo la diretta Facebook, la riconferma sembra sempre più lontana. Nel “discorso alla regione”, aveva infatti detto che non si sarebbe dimesso – “andremo avanti fregandocene di questi mezzucci” – promettendo però che avrebbe azzerato la giunta per formare un “governo responsabile” e arrivare fino alla fine della legislatura. Questa la gran risposta social, poco dopo la débacle in aula, non senza aver puntato il dito contro i “ricattatori”, che solo nel segreto dell’urna avevano trovato il coraggio di voltargli le spalle. Un discorso molto duro seguito nel day after da un nulla di fatto: l’annuncio di un nuovo governo è caduto nel vuoto. Se ne riparlerà la settimana prossima.
Nel frattempo c’è da approvare l’esercizio provvisorio cui l’Assemblea arriva già con grave ritardo. E c’è da attendere che gli animi si calmino per capire se ci siano le condizioni per formare davvero un nuovo governo. Nel frattempo l’ira del presidente ha lasciato spazio a più miti azioni: resta tutto com’è. Oggi il presidente si è dovuto confrontare con alleati poco disposti a concedere un rimpasto alle sue condizioni, prima tra tutte quella di mantenere alla guida della Sanità, il suo delfino, Ruggero Razza. Ed ecco il dietrofront: nessun rimpasto, almeno per il momento. Un nulla di fatto che sottolinea la debolezza politica di Musumeci, già emersa dal voto. E che fa tuonare, adesso, le opposizioni: “Musumeci è succube di quei partiti che lo hanno umiliato in aula e che da tempo ormai lo hanno abbandonato. E questa non è certo una buona notizia per siciliani che attendono soluzioni a veri problemi e non certo ridicole dispute sulle poltrone”, ha commentato Nuccio Di Paola, capogruppo M5s all’Ars. Che ha continuato: “L’evidenza dei numeri in Aula avrebbe dovuto certificare il fallimento di questa esperienza di governo e spingere il presidente a lasciare il posto. Invece ha deciso di restare, a dispetto di tutti. Vorrà dire che fra qualche mese, dopo il Parlamento, saranno i siciliani a sfiduciarlo”. “Le ultime ore sono state il palcoscenico per l’ennesima farsa del presidente della Regione, la pagliacciata peggiore della legislatura, durante la quale Musumeci ha offerto altre sceneggiate che più che ilarità sollevano grande tristezza per la grave mancanza di rispetto nei confronti dei siciliani”, ha rimarcato Nello Dipasquale, consigliere regionale del Partito Democratico e deputato segretario all’Ars. “Atto primo: “Mi dimetto!!”. Atto secondo: Non mi dimetto ma azzero la giunta!. Atto terzo: Non è successo niente, prendiamoci un caffè…”, ironizza, invece, Claudio Fava.