“L’enorme quantità di nuovi casi, incontrando una popolazione suscettibile troppo numerosa, sta progressivamente saturando gli ospedali. Di conseguenza, molte regioni si avviano verso la zona arancione entro fine mese“. Sono le parole del presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, intervenuto al Tg News, su Cusano Italia Tv.
Intervistato dal direttore dell’emittente, Gianluca Fabi, Cartabellotta spiega i dati del monitoraggio settimanale Gimbe, che mostrano tutti gli indicatori dell’epidemia in netta salita, e motiva l’apparente contraddittorietà tra la minore aggressività della variante Omicron e gli ospedali attualmente pieni: “Siamo di fronte a una variante estremamente contagiosa. Il problema è che questo elevatissimo numero di casi incontra una popolazione suscettibile che è ancora troppo numerosa. Abbiamo 2 milioni e 200mila bambini sotto i 5 anni che ancora non possiamo vaccinare, 8 milioni e 600mila persone non vaccinate in tutte le fasce d’età e 15 milioni di persone in attesa della terza dose. Questo fa sì che di fatto stiamo progressivamente riempiendo gli ospedali, sia in area medica sia in terapia intensiva”.
Sulle misure del governo Draghi, Cartabellotta osserva: “La vaccinazione sta procedendo bene. Escludendo un piccolo ritardo sulle terze dosi nella prima parte dell’autunno, non si può rimproverare nulla a questo esecutivo. Tuttavia, a parte fidarsi della popolazione e aver messo l’obbligo delle mascherine FFP2, di fatto misure restrittive per frenare la crescita dei contagi non sono state introdotte e quindi i casi, con una variante così contagiosa, continuano a crescere. La domanda che tutti si pongono è: gli ospedali riusciranno nelle prossime settimane a resistere a questa pressione? Abbiamo già una situazione ospedaliera molto critica”.
Il presidente della fondazione Gimbe, infine, si pronuncia sulla proposta invocata dalle Regioni sul non conteggiare più i positivi asintomatici: “Il problema reale è che, quando una persona arriva in ospedale ed è positiva, deve essere gestita in un reparto covid. Non abbiamo predisposto una sorta di assistenza intermedia per la quale magari il paziente deve andare a fare un intervento di protesi dell’anca e viene occasionalmente identificato come positivo. Oggi – conclude – il sistema prevede che, quando un paziente entra in ospedale e fa un tampone positivo, finisce automaticamente in un reparto covid, indipendentemente dai sintomi. Serve, dunque, una modifica delle regole che, da una parte, può ridurre le percentuali di occupazione e salvare le Regioni dalla zona arancione e rossa, ma dall’altra non risolve il problema del sovraccarico ospedaliero, perché queste persone vanno comunque in ospedale. Pertanto, non confondiamo l’aspetto burocratico con quello dell’occupazione degli ospedali”.