Con due sentenze “gemelle” il Consiglio di Stato ha annullato senza rinvio le delibere del Consiglio superiore della magistratura – datate 15 luglio 2020 – con cui Pietro Curzio e Margherita Cassano sono stati nominati primo presidente e presidente aggiunto della Corte di Cassazione. Un nuovo terremoto sui vertici giudiziari italiani dopo la bocciatura della nomina di Michele Prestipino a procuratore di Roma. I giudici amministrativi hanno riformato le precedenti sentenze del Tar che avevano respinto i ricorsi di Angelo Spirito, presidente della terza Sezione civile della Suprema Corte e concorrente sconfitto per entrambi gli incarichi direttivi. Entrambe le nomine – si legge nei provvedimenti – risultano “manifestamente irragionevoli e difettosamente motivate” in relazione agli indicatori di cui al Testo unico sulla dirigenza giudiziaria. La palla ora torna al Csm, che dovrà riaprire la procedura di nomina: l’organo potrà ripetere le stesse scelte, ma per farlo sarà necessaria una diversa motivazione. Entrambi i magistrati sono iscritti a una corrente: Curzio è membro di Magistratura democratica (la sigla di sinistra), Cassano di Magistratura indipendente (il gruppo conservatore).

Nella sentenza sulla nomina di Curzio, il collegio della quinta sezione di palazzo Spada ha ritenuto “palese la (consistente) maggior esperienza del dott. Spirito” sul parametro dell'”adeguato periodo di permanenza nelle funzioni di legittimità”, in quanto al momento della nomina il ricorrente lavorava in Cassazione “da quasi venticinque anni”, “dal 2016 anche con funzioni direttive”, mentre l’attuale primo presidente “da circa tredici anni”. Lo stesso vale per il parametro della “partecipazione alle Sezioni Unite”, in quanto Spirito ne ha fatto parte “dal 2008 al 2016 (periodo nel corso del quale ha steso ben 172 sentenze, dalle quali risultano estratte 103 massime) e quindi dal 2018 quale Presidente titolare”, mentre Curzio ne è componente soltanto dal 2014. Il Csm aveva sostenuto invece l’equivalenza tra i due candidati, bilanciando lo squilibrio temporale con la “eccezionale professionalità” dimostrata da Curzio: motivazione che che per il Consiglio di Stato è “gravemente lacunosa e irragionevole”, inadeguata a “giustificare una conclusione difforme dalle (univoche) emergenze dei dati oggettivi”.

Il deputato di Azione Enrico Costa, già sottosegretario alla Giustizia, parla di “figuraccia a pochi giorni dall’inaugurazione dell’anno giudiziario. Cosa deve ancora capitare perché il Parlamento sia messo in condizione di votare la riforma del Csm? Gli emendamenti del Governo congelati a Palazzo Chigi non sono un buon biglietto da visita per un premier decisionista come Draghi”. “Conoscendo il modo di operare del Csm, faranno di tutto perchè a seguito della decisione del Consiglio di Stato non succeda niente”, dice all’Ansa il professor Franco Gaetano Scoca, il legale amministrativista che ha assistito il ricorso di Spirito. Rifare le stesse scelte, spiega, non è una strada facile, dal momento che il Consiglio di Stato ha ribaltato tutta l’impostazione delle due delibere. La verità – accusa – è che il Csm fa quello che vuole e procede a fare le nomine non in base ai criteri fissati nelle circolari dallo stesso Consiglio superiore della magistratura, ma in relazione alle richieste che gli provengono dalle correnti“. Di “clamorose decisioni” parlano i componenti di Forza Italia in Commissione Giustizia alla Camera, rilanciando “il sorteggio temperato per la elezione della componente togata del Csm come unica soluzione per limitare il peso delle correnti”.

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