Lo rivela un report di Legambiente, che traccia i 20 luoghi simbolo in Italia in cui le rinnovabili sono bloccate da burocrazie, comitati, sovrintendenze, e contraddizioni tra istituzioni. Precisa il presidente Stefano Ciafani "Il rincaro delle bollette non si risolve attraverso un’insensata corsa al gas e al nucleare, ma puntando su fonti pulite"
“Il rincaro delle bollette non si risolve attraverso un’insensata corsa al gas e al nucleare, ma puntando su fonti pulite, efficienza e auto-produzione. Se anche solo il 50% delle rinnovabili oggi sulla carta venisse realizzato, l’Italia avrebbe anche già raggiunto gli obiettivi climatici europei“. Questo il pensiero di Legambiente che ha lanciato oggi una mappa dei 20 luoghi simbolo in Italia in cui le rinnovabili sono bloccate da burocrazie, comitati, sovrintendenze, e contraddizioni tra istituzioni. Si tratta del nuovo rapporto dell’associazione ‘Scacco matto alle rinnovabili. Tutta la burocrazia che blocca lo sviluppo delle rinnovabili favorendo gas e finte soluzioni’,
C’è l’impianto eolico off shore di Taranto, in costruzione dopo 12 anni, e quello di Rimini. Le moratorie di Abruzzo, Lazio e Calabria. E poi in Veneto, dove il consiglio regionale ha proposto una legge per limitare il fotovoltaico in aree agricole. Quello che tiene in stallo le rinnovabili sono “normative obsolete, lentezza nel rilascio delle autorizzazioni, discrezionalità nelle procedure di Valutazione di impatto ambientale, norme regionali disomogenee tra loro a cui si aggiungono contenziosi tra istituzioni. E la poca chiarezza è anche causa delle opposizioni dei territori che devono districarsi tra regole confuse e contraddittorie.
Tutti questi ostacoli – rileva Legambiente – stanno mettendo “a rischio il raggiungimento degli obiettivi europei climatici che prevedono una riduzione del 55% delle emissioni, al 2030, rispetto ai livelli del 1990 e una copertura da rinnovabili del 72% per la parte elettrica. Un obiettivo preciso per mantenere la temperatura al di sotto del grado e mezzo e che l’Italia con i suoi 0,8 GW di potenza media annua installata negli ultimi 7 anni rischia di veder raggiunti non prima del 2100″. È perciò urgente “snellire le procedure per i nuovi progetti di eolico a terra e a mare, per l’ammodernamento degli impianti esistenti, per la realizzazione dell’agrivoltaico che produce elettricità come integrazione e non sostituzione della coltivazione agricola, per le comunità energetiche che usano localmente energia prodotta da fonte rinnovabile”, rileva il presidente di Legambiente Stefano Ciafani. “Il ministro della Cultura Franceschini deve fissare regole chiare sulla semplificazione delle autorizzazioni del fotovoltaico integrato sui tetti nei centri storici, perché altrimenti le sovrintendenze continueranno a dire sempre no, a beneficio di chi vuole fare fotovoltaico a terra e nuove centrali a gas”.
La mappa mette in luce anche gli intoppi “nel caso dell’impianto a biometano a San Filippo del Mela (Me), in Sicilia, progetto di riconversione della centrale A2a attualmente alimentata con olio combustibile, legato ad una vicenda controversa, fin qui senza lieto fine, in cui è coinvolta la sovrintendenza. C’è poi la questione dell’impianto a biogas di Pozzallo (Rg), ottenuto tramite trattamento anaerobico da rifiuti, che rappresenta un altro caso di ‘caos legislativo e di opinioni”. In Sardegna, oltre alla storia dell’eolico offshore, si segnala “anche quella del progetto dell’impianto fotovoltaico nell’area industriale Macomer (Nu) contestato dall’amministrazione e quello di revamping (cioè l’aggiornamento, ndr) dell’impianto eolico nei Comuni di Ploaghe e Nulvi (Ss) contestato da Regioni e sovrintendenza. Sul fronte eolico, cinque storie: quella dell’eolico nel Mugello contestato dalla sovrintendenza ai Beni culturali che ha chiesto di eliminare tre degli otto aerogeneratori. A ciò si si aggiungono comitati locali, cittadini dei Comuni interessati e alcune associazioni che si oppongono fermamente”. Situazione simile “a Castel Giorgio (Terni, Umbria), dove l’amministrazione si oppone alla realizzazione di sette turbine eoliche a 6 MW, per complessivi 42 MW di potenza, in un’area che solamente oggi, progetto alla mano, viene valutata come non idonea a questo tipo di opera. Problemi anche per l’impianto eolico a Tuscania (Viterbo), composto da 16 aerogeneratori alti 250 metri, per una potenza complessiva di 90 MW, oggetto fin da subito di una forte opposizione locale da parte di associazioni e comitati nazionali e locali che insieme hanno inviato oltre 100 osservazioni durante la prima procedura di Valutazione di impatto ambientale. E ancora, lentezze burocratiche per l’eolico di Sant’Arcangelo (Potenza) e ripensamenti per quello di San Bartolomeo in Galdo (Benevento)”. Altro tema è quello relativo “all’inadeguatezza, mancata omogeneità e aggiornamento delle norme, come accade in Puglia dove ci sono ben 396 progetti di impianti di energia da fonti rinnovabili in esame tra piccoli e grandi, in zone marginali e non (alcune dei quali anche in zone agricole). Tra questi, quelli in aree Sin che risultano attualmente bloccati per via della mancanza delle analisi di rischio sui terreni agricoli interessati, come per esempio succede a Brindisi. E poi il caso della Basilicata”.