Scienza

Sclerosi multipla, lo studio su Science che ipotizza una “causalità” con un virus dell’herpes

Secondo Alberto Ascherio, docente di Epidemiologia e autore senior del lavoro, "questo è un grande passo perché suggerisce che la maggior parte dei casi di sclerosi multipla potrebbero essere prevenuti fermando l’infezione da Ebv. Prendere di mira l’Ebv potrebbe portare alla scoperta di una cura"

La sclerosi multipla, patologia che colpisce 2,8 milioni di persone in tutto il mondo, potrebbe essere causata dall’infezione dal virus di Epstein-Barr (Ebv), un virus dell’herpes che può causare la mononucleosi infettiva. L’ipotesi è indicata in uno studio condotto dalla Harvard Th Chan School of Public Health, pubblicato sulla rivista Science. L’ipotesi, osserva Alberto Ascherio, docente di Epidemiologia e autore senior del lavoro, è studiata “da diversi anni”, ma questo è “il primo lavoro che fornisce prove convincenti di causalità”. Secondo l’esperto “questo è un grande passo perché suggerisce che la maggior parte dei casi di sclerosi multipla potrebbero essere prevenuti fermando l’infezione da Ebv. Prendere di mira l’Ebv potrebbe portare alla scoperta di una cura”.

La sclerosi multipla è una malattia infiammatoria cronica del sistema nervoso centrale che attacca le guaine di mielina, la sostanza che protegge i neuroni. La causa della malattia non è nota, ma uno dei principali sospetti è proprio il virus di Epstein-Barr, un virus dell’herpes che può causare la mononucleosi infettiva e stabilire un’infezione latente e permanente. La ricerca è stata condotta su oltre 10 milioni di giovani adulti nelle forze armate statunitensi, fra i quali ne sono stati identificati 955 cui è stata diagnosticata la malattia. I ricercatori hanno notato che il rischio di sclerosi multipla è aumentato di 32 volte dopo l’infezione da Ebv, ma è rimasto invariato dopo l’infezione con altri virus. Ascherio rileva che il ritardo tra l’infezione e l’insorgenza della patologia può essere in parte dovuto al fatto che i sintomi della malattia non vengano rilevati durante le prime fasi e in parte alla relazione in evoluzione che c’è tra il virus e il sistema immunitario dell’ospite, che viene ripetutamente stimolato ogni volta che il virus latente si riattiva.

Ovviamente si tratta di una ipotesi e non si può parlare ancora di associazione come spiega Jeffrey Cohen, virologo presso il National Institute of Allergy and Infectious Diseases a Science. La ricerca non spiega, infatti, perché la maggior parte delle persone che contraggono il virus non sviluppano la malattia, dichiara sempre a Science la neurologa Emmanuelle Waubant dell’Università della California, San Francisco. “Chiaramente altre micce devono essere accese affinché il fattore scatenante provochi la malattia”, afferma il neuroimmunologo Lawrence Steinman della Stanford University.