Dopo l’autosospensione è arrivato anche l’autoreintegro nelle attività del partito per Luca Lotti, deputato del Pd che aveva deciso di autoimporsi uno stop il 14 giugno 2019 dopo il coinvolgimento nell’inchiesta che vede imputato l’ex consigliere del Csm, Luca Palamara. La ripresa delle attività è coincisa con la direzione congiunta dei Dem coi gruppi di Camera e Senato: “Da quel giorno non ho più partecipato alle attività del mio partito (riunioni, assemblee e direzioni) ma ho comunque continuato a fare il mio lavoro quotidiano di parlamentare, a fare politica in Aula, a lavorare nel gruppo della Camera e con i territori che mi hanno eletto in un collegio uninominale”, ha spiegato sul suo profilo Facebook il parlamentare toscano.
“Scrivo tutto ciò perché in questi primi giorni dell’anno abbiamo letto di tutto: interviste su presunte malattie, cavalli di troia, ipotesi di assurde epurazioni e caccia alle streghe – continua Lotti – In alcuni casi addirittura si è sentito ventilare di persone da ‘eliminare’. Personalmente credo che questo Pd non debba eliminare, ma unire. Ritengo che il Pd non possa escludere, ma includere. E da fondatore del Partito democratico credo nelle ragioni profonde per le quali il Pd è nato, un partito riformista che guarda alla crescita sociale ed economica del Paese, senza lasciare indietro nessuno”, prosegue Lotti. “Anche per tutti questi motivi, con la presenza alla direzione di oggi considero finita la mia sospensione perché, credo sia ormai chiaro a tutti, i motivi che mi portarono a prendere quella decisione sono abbondantemente superati dai fatti”.
Lotti passa poi a spiegare le ragioni che hanno portato alla decisione di autosospendersi nel 2019: “In quel momento – racconta – la mia posizione è stata strumentalizzata dal punto di vista mediatico e riempita di significati che col tempo si sono rivelati tanto assurdi quanto falsi. Decisi allora di fare un passo indietro pensando solo al bene del Pd. Fu una scelta dolorosa e fatta in autonomia”.