C’è anche il vescovo di Potenza, monsignor Salvatore Ligorio, tra i nove indagati nell’inchiesta sui “furbetti del vaccino” avviata dalla procura di Potenza. Come ha svelato il quotidiano La Nuova del Sud, infatti, il pastore della chiesa lucana è stato convocato dagli inquirenti coordinati dal procuratore Francesco Curcio per difendersi dall’accusa di peculato in concorso con i vertici della struttura “Don Uva” di Potenza per aver ricevuto la somministrazione del vaccino Pfizer il 6 gennaio 2021, quando secondo l’accusa la somministrazione del farmaco era destinata esclusivamente al personale sanitario e agli ospiti e operatori delle Rsa. Secondo quanto riporta la testata lucana, nel registro degli indagati sono finiti anche i vertici della struttura: il direttore sanitario Rocco Maglietta, il direttore amministrativo Roberto Galante e il coordinatore infermieristico Francesco Sagaria. Tra i nomi iscritti nel registro degli indagati, secondo La Nuova del Sud, c’è anche quello di Angela Maria Sabia, al secolo suor Carla, che avrebbe sostanzialmente istigato la vaccinazione del prelato.

Nei giorni scorsi il difensore del vescovo, l’avvocato Donatello Cimadomo, ha presentato una memoria per spiegare la versione dei fatti del religioso: secondo quanto ha appreso Ilfattoquotidiano.it, la difesa sostiene che la vaccinazione del vescovo non sia stato un “favore”, ma sarebbe legata alla presenza quasi costante del vescovo e di altri religiosi all’interno della struttura dal passato ecclesiastica: il “Don Uva” infatti in passato era gestito dalle suore della Divina Provvidenza, ordine del quale fa parte la religiosa indagata. Non solo. Una foto della vaccinazione del vescovo nel giorno dell’Epifania 2021 era stata pubblicata su alcune testate locali, ma non per sollevare polemiche, ma per spingere i lucani a vaccinarsi. E l’idea di utilizzare religiosi come “influencer” per spingere le comunità cattoliche, composte soprattutto da persone anziane, era stata un’idea delle autorità romane, ma non ha mai trovato un’istituzionalizzazione rimanendo, appunto, un’idea. Ed è a questo che il procuratore Curcio, l’aggiunto Maurizio Cardea e il sostituto Chiara Guerriero contestano: il vescovo, per l’accusa, non aveva in quei giorni titolo per ottenere la somministrazione del vaccino. Ma non è l’unico. Secondo La Nuova del Sud sarebbero almeno altre 4 le persone finite sotto la lente della procura per aver ricevuto la prima dose senza averne titolo.

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