La Corte riferendosi al rispetto della vita privata e familiare, ha ricordato che "la Corte di Strasburgo ha fatto più volte applicazione di tale principio " ed ha confermato la condanna di Appello riconoscendo il "pregiudizio al diritto al riposo"
Lo scarico di notte può violare il diritto al riposo ai vicini che devono essere risarciti. È questa la sentenza della Cassazione, riportata dall’edizione genovese di Repubblica, che pone fine a una causa che vede coinvolti quattro fratelli, condannati a un risarcimento di 500 euro all’anno a partire dal 2003 a una coppia. Così la sesta sezione Civile, presieduta dal giudice Antonello Cosentino, ha respinto il ricorso presentato dai proprietari di un appartamento in una località del Golfo dei Poeti, in provincia di La Spezia. I fratelli erano in causa con i vicini che dall’altra parte della parete con lo sciacquone hanno la camera da letto.
I quattro nel 2003 avevano installato un nuovo bagno nella parete in comune con la coppia, che secondo i due provocava “rumori intollerabili derivanti dagli scarichi”. Così marito e moglie si erano rivolti al Tribunale di La Spezia chiedendo la rimozione dello scarico e un risarcimento, richiesta bocciata dal giudice di primo grado. Così, i due si sono presentati al Tribunale di Genova per il secondo grado di giudizio, dove la Corte d’Appello ha disposto una perizia sullo scarico. Questa doveva accertare quanto lo scarico fosse rumoroso e se questo disturbo fosse tale da pregiudicare “la qualità della vita” ai vicini di casa, che date le dimensioni dell’appartamento non potevano spostare la camera da letto in un altro luogo della casa. Alla fine la causa si era conclusa con l’ordine ai quattro fratelli di rivedere la collocazione dello sciacquone e di risarcire con 500 euro all’anno i vicini di casa, a decorrere dal 2003, l’anno della comparsa del nuovo water con annesso scarico. Allora i proprietari dell’appartamento con lo sciacquone incriminato sono ricorsi in Cassazione, dove però è stato accertato il “significativo superamento di tre decibel rispetto agli standard previsti dalla normativa specifica“. Così la Corte suprema, riferendosi alla Convenzione europea dei diritti umani, e in particolare al rispetto della vita privata e familiare, ha ricordato che “la Corte di Strasburgo ha fatto più volte applicazione di tale principio ” e ha confermato la condanna di Appello riconoscendo il “pregiudizio al diritto al riposo”.