Quali aspetti della nostra vita quotidiana dobbiamo considerare prima di ricevere il vaccino anti-Covid per beneficiare al massimo dei suoi effetti protettivi e mitigare eventuali reazioni avverse? E che succede se ci vacciniamo quando siamo positivi al Covid e siamo asintomatici? Ne abbiamo parlato con il dottor Biagio Tinghino, infettivologo, che a questi temi ha dedicato un suo recente saggio: “Pandemie. Dalla peste al Covid. Storie e rimedi per affrontare le emergenze sanitarie” (Edizioni ADV, € 18,00).
Dottor Tinghino, lo stress riduce le difese immunitarie: può indebolire per questo l’azione del vaccino? Sarebbe bene arrivare alla somministrazione il più riposati possibile? Come ci si può preparare?
“Il modo migliore per beneficiare dei vaccini, per cominciare, è farli: nei tempi previsti e senza rimandare. Ho ben presente casi di persone a cui è stato consigliato di rimandare l’iniezione, per una prudenza esagerata, e poi nel frattempo sono stati aggrediti dal virus selvaggio. Alcuni ci hanno rimesso la vita. Variazioni quotidiane o periodiche dello stress sono frequenti, troppo frequenti per farne un parametro da controllare e per condizionare la scelta vaccinale. D’altra parte, le sperimentazioni iniziali sui vaccini sono state compiute su decine di migliaia di persone (44.000, per esempio per il vaccino Pfizer) e tra queste ovviamente c’erano persone in tutte le condizioni, ma l’efficacia è stata altissima”.
Uso di alcolici, attività sportiva precedenti, assunzione di antibiotici o anche un modesto raffreddore possono costituire un motivo per rinviare una dose?
“No. Quando il medico vaccinale fa il colloquio col paziente, prima di vaccinarlo, pone una lunga lista di domande, ma queste non costituiscono l’elenco delle controindicazioni, bensì solo una guida per valutare lo stato di salute. I vaccini sono temporaneamente controindicati se c’è in atto una infezione importante, come per esempio, quella che comporta la presenza di febbre sopra i 38°C, o se c’è stata una grave reazione allergica alla dose precedente. I soggetti che assumono grandi dosi di cortisone o immunosoppressori non rischiano problemi, ma l’efficacia può essere ridotta e perciò vanno valutati caso per caso. Viceversa, un raffreddore, un semplice mal di gola, allergie alimentari o stagionali, o una recente cura con antibiotici non costituiscono generalmente una controindicazione, e neanche l’aver fatto attività sportive. Naturalmente questi sono esempi, non la lista completa. La valutazione definitiva va fatta dal medico vaccinatore, che ha seguito un corso apposito dell’Istituto superiore di sanità, e ha alle spalle migliaia di vaccinazioni”.
Quali sono i sintomi ed effetti indesiderati che ci devono mettere allerta dopo la vaccinazione? Può essere utile prendere dei farmaci prima dell’iniezione?
“In sintesi, la maggior parte degli effetti collaterali si concentrano nei primi 2-3 giorni. Più passa il tempo, meno se ne presentano. Dopo 4 settimane praticamente tendono a zero. I principali sintomi che meritano di essere riferiti al proprio medico sono quelli di una febbre elevata (sopra i 38°C) che dura più di 3 giorni, segni neurologici (come deficit motori, paralisi facciali, disturbi della vista o perdita di coscienza), mal di testa intollerabile e persistente, forti dolori al torace o addominali. Stiamo parlando di casi rarissimi, che nella mia esperienza si sono sempre risolti. E non c’è bisogno di prendere farmaci prima di vaccinarsi (tranne che su precisa indicazione del medico). Dopo si possono assumere per gestire eventualmente i sintomi più comuni (un po’ di mal di testa, febbre, dolori ossei, ecc.), ma usando i farmaci più semplici (es. paracetamolo) e solo per il tempo necessario. Non serve bere acqua o prendere integratori più di quanto non serva nella vita normale”.
Se si fosse positivi al Covid ma non lo sappiamo perché asintomatici, che succede se ci vacciniamo in caso di prima, seconda o terza dose?
“La diffusione della variante Omicron ha causato un importante aumento dei casi di contagio. Molti di queste decorrono senza sintomi o con sintomi molto modesti, spesso simili a un banale raffreddore. Ciò ovviamente fa salire il numero di casi in cui ci si vaccina senza sapere di avere in corso l’infezione. Ma non si corrono rischi. Alla stimolazione immunitaria determinata dal vaccino si aggiunge, sì, la stimolazione dell’infezione, ma sommare le due cose non modifica di molto il decorso della malattia, perché l’impegno immunitario indotto dal vaccino è molto modesto, se confrontato con lo tsunami dell’infezione ‘naturale’. Per questo motivo non serve fare un tampone prima della vaccinazione. Una cosa che ci deve far capire quanto sia minimo il ‘sovraccarico’ prodotto da un vaccino è che questo farmaco alla fine espone il nostro corpo solo a piccoli pezzettini di Rna virale, incapaci di moltiplicarsi, che vengono inattivati nel giro di un paio di giorni. Il virus vero inietta invece tutto il suo Rna (intero) nel nostro organismo, si replica in modo incontrollato e attacca molti organi, come i polmoni, il cuore, i vasi sanguigni, il rene e il cervello. Insomma, vaccinarsi mentre è in corso un’infezione con segni modesti di malattia è come essere punti da una zanzara dopo essere stati morsi da una vipera: non cambia molto il nostro stato di salute”.
E nel caso di sintomi più gravi?
“Se il Sars Cov2 sta provocando sintomi importanti (es. febbre, tosse, ecc.), la vaccinazione non viene praticata, semplicemente perché il paziente viene bloccato prima. La misurazione della temperatura quando si accede all’hub vaccinale, per quanto possa sembrare un gesto banale, intercetta i casi più seri, il medico vaccinatore poi pone delle domande specifiche per intercettare questi sintomi e nel caso di malattia in atto non dà luogo alla somministrazione della dose. Da ricordare che la reazione immunitaria dell’organismo varia a seconda del numero di dosi che abbiamo ricevuto e del tempo che è trascorso. Se prima dell’infezione abbiamo usufruito di una o due dosi, e se questo è avvenuto non più di 6-8 mesi prima, possiamo comunque contare su un beneficio rilevante, perché il sistema immunitario non parte da zero. La terza dose fa risalire in modo importante la protezione contro ospedalizzazione e rischio di morte. In qualsiasi caso, la somministrazione del vaccino dopo ripetute esposizioni al virus (sia naturale che dopo 2 o 3 dosi), non comporta problemi. E’ un evento molto frequente in natura. Per fare un esempio: i virus del raffreddore e dell’influenza circolano ampiamente, ogni anno veniamo in contatto decine di volte con questi microorganismi. Nel contempo, milioni di persone ripetono la vaccinazione contro l’influenza, cioè aggiungono alla stimolazione vaccinale numerosi contatti coi virus, ma questo non determina alcun problema. Il risultato è solo quello di un miglior “allenamento” del sistema immunitario, che diventa più resistente e meglio preparato a combattere le infezioni.