La svolta nelle indagini si è basta soprattutto sul rapporto particolare che egli aveva instaurato nell'ultimo periodo con la ragazza. Inoltre l'uomo aveva fornito notizie false riguardo i suoi spostamenti il giorno della scomparsa della ragazza e, stando alle ultime ricostruzioni, ha anche cercato cercato di inquinare le prove convincendo conoscenti a confermare il suo falso alibi
Sembra arrivato a un punto di svolta il caso dell’omicidio di Agata Scuto, 22enne scomparsa nel giugno 2012. I carabinieri della Compagnia di Acireale hanno arrestato Rosario Palermo, 60enne ritenuto responsabile dell’omicidio della ragazza, aggravato dall’occultamento del cadavere, mai rivenuto. La procura distrettuale di Catania ha richiesto la misura cautelare in carcere, emessa dal Giudice per l’indagine preliminare (Gip), dal momento che le indagini hanno rilevato gravi indizi di colpevolezza che collegano l’uomo, compagno della madre all’epoca dei fatti, alla scomparsa della ragazza, denunciata nel giugno del 2012 dai genitori. Ad incastrarlo è un audio in cui l’uomo in auto, mentre parlava da solo, aveva espresso il timore che il corpo della ragazza, che era stata strangolata e bruciata, potesse essere ritrovato, come riporta l’Ansa.
La svolta nelle indagini, come hanno spiegato gli inquirenti, si è basta soprattutto sul rapporto “particolare che egli aveva instaurato nell’ultimo periodo con la ragazza, a quale non usciva mai di casa da sola, né intratteneva rapporti con altre persone”, come è riportato dalle agenzie. Inoltre l’uomo aveva fornito notizie false riguardo i suoi spostamenti il giorno della scomparsa della ragazza e, stando alle ultime ricostruzioni, ha anche cercato cercato di inquinare le prove convincendo conoscenti a confermare il suo falso alibi.
È stata la trasmissione “Chi l’ha visto?“, in onda su Rai 3, a riaccendere i riflettori sul caso fornendo nuove informazioni. Nel corso del programma, una persona allora non identificata aveva affermato che il cadavere della ragazza si trovava nella cantina della madre. Così i carabinieri di Acireale avevano cercato il corpo non solo in cantina, ma anche dei terreni circostanti, anche con l’aiuto di nuovi mezzi tecnologici. Non avendo trovato riscontro rispetto alle informazioni fornite dalla persona a “Chi l’ha visto?”, i militari dell’Arma hanno raccolto nuove testimonianze volte a verificare gli spostamenti non solo della ragazza, ma anche dei suoi conoscenti e familiari, tra cui Palermo.
I sospetti si erano concentrati su Palermo sia in ragione del particolare rapporto che aveva con Agata Scuoto, che per le informazioni false rivelate agli inquirenti. L’uomo, infatti, aveva dichiarato che quel giorno era in campagna, tra la piana di Catania e l’Etna, per raccogliere lumache e origano, cosa rilevatasi poi non vera durante le indagini. A ciò si è aggiunta l’intercettazione in cui, solo in auto, Palermo manifesta i suoi timori che i resti della ragazza, strangolata e bruciata, venissero trovati in un casolare nella località di Pachino. Mentre guidava, inoltre, ragionava sulla necessità, di recarsi sul luogo per verificare cosa fosse rimasto del cadavere. Palermo ha anche provato ad inquinare le prove, addirittura mettendo in scena un complesso piano per giustificare il fatto che il giorno della scomparsa della ragazza si fosse ferito ad una gamba. Aveva pensato a tutto, nascondendo anche un tondino di ferro intriso del suo sangue in una località sull’Etna. Il giorno del suo arresto ha spinto i carabinieri a ritrovare quel tondino al fine di dimostrare che quel giorno si era fatto male proprio cadendo in montagna, come aveva detto all’ex compagna e agli inquirenti, e non in altre circostanze legate all’omicidio.