Televisione

Doc, il Covid entra di prepotenza in una fiction molto popolare. La cosa mi ha lasciato perplesso

L’Aids ci impiegò un po’ a diventare materia di racconto audiovisivo. Lo fece in maniera un po’ oscura, in sintonia con i mille misteri che circondavano la malattia, ispirando più il cinema d’autore che quello del grande pubblico, almeno fino a Philadelphia, senza coinvolgere i racconti televisivi all’epoca, peraltro, non ancor così centrali nella vita culturale.

Il Covid-19 invece è entrato prepotentemente in una fiction molto popolare, aumentandone il successo di pubblico e l’attenzione da parte dell’informazione. Che una fiction di ambientazione ospedaliera non potesse non tener conto di una pandemia che da due anni ha cambiato pesantemente le vite di tutto il mondo era ovvio. Tanto più se le stesse riprese sono state condizionate dall’emergenza e se le vicende narrate si svolgono a Milano, una delle città che più di altre ha vissuto in modo drammatico la situazione. Quello su cui si può discutere è il modo in cui l’arrivo del virus è stato inserito nel racconto. La scelta è stata radicale: una puntata, la prima della nuova serie, tutta centrata sul Covid che riporta la storia indietro nel tempo e vede il metodo del doc Andrea Fanti dare i suoi risultati anche nella nuova inusitata situazione.

Funziona, come sempre, il ragionamento per eliminazione: non può essere questo, non può esser quell’altro, quindi… La cosa, personalmente, mi ha sempre lasciato un po’ perplesso: anche le diagnosi più difficili si sono sempre ridotte a un gioco di gruppo, a un’esibizione del talento medico. Un procedimento che non trova ostacoli neppure di fronte alla novità del Covid. Una volta scoperto, il virus non poteva restare sullo sfondo, doveva ottenere un ruolo da protagonista. E se lo è guadagnato uccidendo uno dei medici del Policlinico Ambrosiano, Lorenzo Lazzarini. Una morte che ha creato non poco scompiglio sia nelle vicende della fiction sia tra i suoi numerosissimi appassionati.

Il dottore aveva un ruolo centrale nella storia e nei suoi possibili sviluppi e, in un’intervista, ha attribuito la sua scomparsa al nobile intento di rendere omaggio ai molti medici e infermieri che hanno sacrificato le loro vite nella cura dei pazienti. Ha anche aggiunto però che riteneva la sua partecipazione alla fiction una fase conclusa della sua carriera che ora si vuole misurare con il cinema. Insomma, al di là della sincera partecipazione alla tragedia delle vittime del Covid, la sceneggiatura ha seguito le esigenze del cast e il virus ha colpito chi doveva colpire. Nulla di strano ovviamente, come si dice: è la serialità, bellezza!