Il governo valuta di modificare la quotidiana comunicazione dei dati sulla pandemia, a partire da quelli relativi ai nuovi contagi. Il sottosegretario alla Salute a Sky Tg24: "Mettere in evidenza che chi finisce in ospedale e in terapia intensiva sono prevalentemente coloro che non si vaccinano". Il suo ragionamento però non tiene conto di quello che l'Istituto superiore di sanità definisce “effetto paradosso”
Il bollettino giornaliero con tutti i dati sul coronavirus “nelle prossime settimane è destinato a cambiare“: l’annuncio arriva dal sottosegretario alla Salute, Andrea Costa, che durante il suo intervento a Sky Tg24 promuove una revisione delle regole sulla pandemia, così come richiesto dalle Regioni. Tra le novità, potrebbe quindi esserci anche una modifica all’aggiornamento quotidiano su contagi, ricoveri e decessi: uno strumento fondamentale per poter tempestivamente analizzare l’evolversi della pandemia. E lo stesso Costa ammette: “Credo si tratti più di una scelta politica che di una scelta scientifica. Non si tratta di censurare nulla, ma di elaborare dati che possono avere un’efficacia nei confronti dell’opinione pubblica e fare una comunicazione che non dia fiato a coloro che ancora sostengono che il vaccino non sia utile. Se ogni giorno continuiamo a comunicare, in maniera generica, che si contagiano 150.000 cittadini, il rischio è che diamo voce a chi dice che i vaccini non servono perché ci si contagia lo stesso”, la spiegazione del sottosegretario alla Salute.
Per il sottosegretario Costa bisogna “mettere in evidenza che chi finisce in ospedale e in terapia intensiva sono prevalentemente coloro che non si vaccinano“. “Dal punto di vista della comunicazione – ha detto a Sky Tg24 – non possiamo sottovalutare il fatto che 27 milioni di italiani abbiano già ricevuto la terza dose. Bisogna distinguere asintomatici da sintomatici, approfondire il dato relativo alle terapie intensive e mettere in evidenza che ancora oggi il 75% di chi le occupa sono cittadini non vaccinati”, ha concluso Costa. Il suo ragionamento però non tiene conto di quello che l’Istituto superiore di sanità definisce “effetto paradosso”: il numero assoluto di contagi, ospedalizzazioni e decessi può essere simile, se non maggiore, tra i vaccinati rispetto ai non vaccinati, per via della progressiva diminuzione nel numero di persone non immunizzate. Per fare un esempio: tra il 26 novembre e il 26 dicembre i vaccinati (con una, due o tre dosi) ricoverati sono stati 10.083, quelli non vaccinati 9.564. Per capire qual è l’effetto dei vaccini bisogna guardare ai dati in proporzione, calcolando l’incidenza ogni 100mila abitanti. Così si scopre che nello stesso periodo i ricoveri tra i non vaccinati sono stati 202,3 ogni 100mila, mentre ad esempio gli ospedalizzati con terza dose sono stati appena 13,4 ogni 100mila. Dal punto di vista della comunicazione, però, non è detto che questi aspetti siano di immediata comprensione. Il rischio, quindi, è mandare messaggi ancor più fuorvianti.
Già la settimana scorsa Costa aveva chiesto al ministro Roberto Speranza “di fare una riflessione sull’attuale sistema di report”. Quindi valutare di sospendere la quotidiana comunicazione dei dati sulla pandemia, in particolare quelli relativi ai nuovi contagi. Ad accendere il dibattito sono state le parole del primario di Malattie infettive all’ospedale San Martino di Genova, Matto Bassetti, certo che ormai “siamo rimasti gli unici a fare un report tutti i giorni”. Ma le cose non stanno esattamente così. Come ha raccontato ilfattoquotidiano.it, sono infatti la grande maggioranza i paesi in cui l’andamento della pandemia viene aggiornato quotidianamente: dalla Francia alla Spagna, dalla Gran Bretagna alla Germania. Già sabato 8 gennaio, Matteo Renzi aveva avanzato per primo la proposta: “Basta al catastrofismo e al bollettino algido e cinico, va reso pubblico “solo il numero delle persone in terapia intensiva”. Non solo pezzi del governo e le Regioni, anche tra i membri del Comitato tecnico scientifico c’è chi, come l’infettivologo Donato Greco, ha chiesto solo relazioni settimanali.
La questione sarà presto valutata dal ministero della Salute e dal governo, insieme alle altre richieste arrivate dai presidenti di Regione: dall’autotesting all’abbandono delle zone a colori. Temi sui quali Costa si trova in linea con i governatori. In un’intervista al Giornale chiede “basta tamponi agli asintomatici, basta scuole chiuse anche nei Comuni in zona rossa, basta bollettini con l’elenco generico dei contagiati. I cittadini sono stanchi e stremati, ora è tempo di dare prospettive positive per chi ha fatto il proprio dovere da due anni”. L’obiettivo, sottolinea, è quello di “convivere con il virus. Dunque, per prima cosa, smettiamola di fare i tamponi agli asintomatici. Non è che tutti i giorni bisogna misurarsi la febbre per capire se si ha l’influenza. Il termometro si usa solo se non ci si sente bene. Se vogliamo la convivenza con il virus dobbiamo poter circolare liberamente, con le dovute cautele, ovviamente, cioè l’uso delle mascherine che ormai non fanno più paura a nessuno mentre sono molto importanti per impedire la trasmissione del virus”. E plaude alla decisione dell’Emilia-Romagna di introdurre l’autotesting con tampone rapido casalingo per chi ha fatto due dosi di vaccino: “È un’iniziativa che merita di essere approfondita in un percorso condiviso e valutare la possibilità di estenderla al tutto il territorio nazionale perché alleggerisce il carico dei servizi sanitari ed è una grande semplificazione per i cittadini”.
Ciò che però deve essere superato nel più breve tempo possibile, sostiene, sono però le lunghe quarantene cautelari e quelle per i positivi che abbiano completato tutto il ciclo vaccinale: la quarantena di dieci giorni per i positivi vaccinati con due dosi è “indubbiamente paralizzante – afferma – Appena entriamo in una fase endemica la quarantena va ridotta. Oppure si blocca il Paese. L’Iss dice che i vaccinati hanno un rischio minimo di finire in ospedale. Mentre la pressione ospedaliera cresce a causa di quelli non vaccinati per scelta. E per colpa loro si rischia un lockdown di fatto“. Anche nelle scuole le regole vanno cambiate, “sempre adottando le dovute cautele e senza abbassare la guardia, credo che dalle scuole medie in su, dove la platea dei vaccinati supera l’80%, tutti i ragazzi vaccinati dovrebbero stare in classe, anche se ci sono due o tre positivi. La dad è inevitabile solo per i più piccoli quando ci sono contagi perché loro sono ancora molto scoperti”.