Rocco Commisso è un alieno sbarcato sul pianeta Serie A. Pensava di essere arrivato nel campionato più bello del mondo, con la squadra di una delle città più belle d’Italia. Voleva investire, costruire uno stadio, esportare nel pallone il suo modello di business a stelle e strisce con cui è diventato miliardario. Invece pian piano sta scoprendo di essere in una “gabbia di matti”, tra procuratori esosi, dirigenti pasticcioni, presidenti viziati. E un po’ confuso, un po’ incazzato, come un extraterrestre che proprio non si capacita di dove sia finito, comincia a insultare tutti quanti. Come si fa a non amarlo.
Bisogna amarlo non solo per i suoi modi buffi da italoamericano in un gangster movie, a metà tra Marlon Brando e Danny De Vito (guai a prenderlo in giro perché dà in escandescenze pure su questo). Bisogna amarlo perché il suo arrivo probabilmente è la cosa migliore che sia successa al pallone italiano negli ultimi dieci anni. Di errori ne ha fatti e ne farà pure lui, per carità. Come quando nei primi due anni di gestione ha toppato praticamente tutte le scelte tecniche, da Montella a Iachini a Prandelli, passando per Ribery. Il presidente perfetto non esiste. E infatti Commisso non è questo, ma molto di più: è un personaggio fuori dagli schemi, che gli schemi stantii e melmosi del nostro calcio vuole romperli.
Lo dimostra l’esilarante intervista che ha concesso in settimana al Financial Times, dove in poche righe ha dato dei “figli di puttana” (letteralmente, “motherfuckers” nell’originale) ad Andrea Agnelli e la dirigenza della Juventus, ha definito lo stadio Franchi “la cosa più merdosa mai inventata”, ha insultato i presidenti di mezza Serie A. Con le dovute distanze dalla terminologia troppo scurrile, ha ragione su tutta la linea.
Le battaglie che sta portando avanti da quando è arrivato in Serie A sono tutte giuste. A partire dalla crociata contro i procuratori, che è ovviamente interessata, per il rischio di perdere a zero Vlahovic, ma sacrosanta. Gli agenti, che hanno ormai travalicato il loro ruolo, stanno contribuendo a spingere il sistema verso il baratro. La Fiorentina ha pubblicato un decalogo con una serie di proposte, come il tetto del 5% per le commissioni, l’obbligo di procura singola e una camera di compensazione trasparente per tracciare tutti i pagamenti (che sgonfierebbe pure la bolla delle plusvalenze fittizie). Sembrano delle ovvietà, eppure nel calcio queste regole non ci sono, o non vengono applicate.
Stesso discorso sul rispetto dei pagamenti, su cui nelle ultime due stagioni per colpa delle pressioni dei club e del lassismo della FederCalcio è successo di tutto. Sono state anche le polemiche di Commisso sul campionato falsato a spingere la Figc a ripristinare i controlli nel 2022. Sono state le sue bordate sull’indice di liquidità e la scelta di pubblicare i parametri della Fiorentina in segno di trasparenza a scoperchiare il vaso di Pandora con un’informativa in consiglio federale, e quindi in un certo senso a permettere lo scoop del Fatto quotidiano, che a dicembre ha rivelato le squadre di Serie A che avrebbero avuto il calciomercato bloccato perché non in regola.
E che dire dello stadio della Fiorentina: nel calcio italiano nuovo stadio fa rima spesso con speculazione, ma non bisogna nemmeno ricadere nell’eccesso opposto, quello di una burocrazia fine a se stessa che uccide sul nascere ogni iniziativa. È quello che sta succedendo a Firenze, perché i termini saranno pure esagerati ma se non si può ristrutturare nemmeno il Franchi (stadio che avrà pure dei valori architettonici, ma non è mai stato e mai sarà uno degli impianti storici del nostro Paese), da noi non si potrà ristrutturare mai nulla, mentre all’estero non si sono fatti troppi problemi a buttar giù Highbury o Wembley. Col risultato paradossale di spendere altri soldi pubblici (il Franchi è finito per rientrare in qualche modo nel Pnrr: costo per lo Stato 95 milioni di euro) per bloccare quelli privati.
Commisso, che intanto sembra aver imparato anche come si gestisce un club e fa volare la sua Fiorentina, non c’entra nulla con i conflitti d’interessi e i servilismi al potere. Non c’entra nulla col politically correct, con la filosofia dell’io speriamo che me la cavo, con la logica dell’una mano lava l’altra, e la regola del cane non mangia cane, che da sempre mandano avanti la Serie A. Per questo è una buona notizia per il calcio italiano. E infatti per questo il calcio italiano sta facendo di tutto per respingerlo. I giornalisti sportivi lo attaccano. In Lega calcio i suoi colleghi presidenti lo odiano. Persino la Figc mal lo sopporta, come dimostra la prontezza della pachidermica procura federale ad aprire un’inchiesta sulla sua ultima intervista, il classico esempio di chi guarda il dito e non la luna, gli anticorpi di un organismo malato che si auto preserva. Adesso resta da capire solo chi vincerà la partita: se sarà lui a cambiare il sistema, o il sistema a neutralizzarlo, e infine espellerlo come un corpo estraneo.
Twitter: @lVendemiale