L’8 maggio del 2020 accoltellò la compagna davanti ai tre figli. L’uomo, che all’arrivo dei carabinieri confessò senza spiegare, è stato condannato a 24 anni lo scorso 20 dicembre o oggi le motivazioni spiegano perché non è stata accolta la richiesta dell’accusa che aveva invocato l’ergastolo. “Non vi è nel vigente sistema un insuperabile argine normativo che imponga alla Corte di appiattirsi sull’equazione “uxoricidio / ergastolo“, né potrebbe esservi, alla luce dei principi di proporzionalità e di offensività su cui trova fondamento il potere discrezionale del giudice nella determinazione della pena” scrive il presidente della Corte d’assise di Brescia Roberto Spanò.
Nelle motivazioni del verdetto, come riporta l’Ansa, si spiega che Gianluca Lupi e Szuzsanna Mailat si stavano separando e il giorno successivo la vittima avrebbe dovuto incontrare un avvocato. “Dall’istruttoria è emerso che la gelosia provata dall’uomo nei confronti di un amico della compagna ha costituito l’elemento scatenante della furia omicida” ha stabilito la Corte d’Assise di Brescia. Aggiungendo però che non si tratta di una patologia, negando cioè che il marito potesse soffrire di quel delirio di gelosia che aveva portato mesi fa all’assoluzione, firmata dallo stesso giudice Roberto Spanò, dell’insegnante in pensione che ammazzò la moglie e che tre consulenti certificarono soffrisse della patologia del delirio di gelosia. “Appare necessario non confondere i disturbi cognitivi con le episodiche perdite di autocontrollo sotto la spinta di impellenti stimoli emotivi; la liberazione dell’aggressività in situazioni di contingenti crepuscoli della coscienza con la violenza indotta dalla farneticazione nosologica” si legge nelle motivazioni.
I giudici hanno riconosciuto a Lupi le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti arrivando così alla condanna a 24 anni contro l’ergastolo chiesto dal pubblico ministero. L’imputato aveva immediatamente confessato l’omicidio, aveva aspettato l’arrivo dei carabinieri, si era consegnato manifestando pentimento e dolore per quanto accaduto e per il fatto di lasciare da soli i tre figli, in particolare il più piccolo, gravemente malato. Per i giudici, nonostante la gelosia, non ci fu premeditazione. “Ai fini della concessione delle circostanze attenuanti generiche dovrà tenersi conto, quanto alla “intensità del dolo”, che Lupi ha agito in base ad una reazione impulsiva e non invece con premeditazione, a differenza di quanto sovente accade in occasione di analoghe uccisioni perpetrate in ambito domestico. Non è inoltre emerso – si legge ancora nelle motivazioni della sentenza di primo grado – un quadro di pregresse violenze o di atti prevaricatori consumati ai danni della compagna”. La donna venne ammazzata a coltellate in cucina con la figlia maggiore della coppia che provò a fermare il padre e fu la prima a soccorrere la madre ormai senza vita.