Mentre fa capolino lo spettro del nucleare, Mario Draghi si impantana sulla questione rincari, ma a dover preoccupare non è solo il costo dell’energia. Ci si mette pure il cambiamento climatico, che ha ricadute troppo spesso sottostimate. Dalle gelate di luglio in Brasile alla siccità canadese, gli eventi meteorologici estremi sono sempre più diffusi e a farne le spese sono le colture agricole. Repentine escursioni termiche, precipitazioni straordinarie, caldo africano: durante lo scorso anno in giro per il mondo i raccolti hanno subito ingenti danni. Il calo della produzione si è tradotto in vertiginosi aumenti di prezzo, drammatici se affiancati alle pesanti conseguenze del Covid sull’economia globale.

Una forte diminuzione delle temperature nell’estate brasiliana ha colpito le coltivazioni di zucchero e di caffè, mai così costoso negli ultimi sette anni, mentre il grande caldo canadese – nel 2021 da record – se l’è presa con i piselli. Importanti surrogati proteici per gli alimenti a base vegetale hanno visto il loro prezzo di mercato più che raddoppiato. Stessa sorte è toccata all’avena di cui il Canada è grande produttore ed esportatore. Tra le vittime europee, invece, c’è la patata belga colpita dalle grandi inondazioni. A pagarne lo scotto per lo più i vicini consumatori tedeschi, perché i rincari non interessano necessariamente tutti.

In Italia da tenere d’occhio è il prezzo del grano, negli ultimi mesi molto scarso nei campi russi e argentini, oltre che in Nordamerica. Il costo dei cereali è tornato ai livelli di dieci anni fa, al tempo della grande siccità negli Usa. Con un rincaro sulla pasta che già a fine gennaio sfiorerà il 38%, colpa anche dell’aumento dei costi dell’energia, il Belpaese ce la farà a sostenersi con la sola produzione interna? Se così non fosse, nel giro di pochi mesi le famiglie italiane andranno incontro all’ennesimo aumento.

A lanciare l’allarme sulla disastrosa annata appena trascorsa ci pensa anche la Fao. L’Agenzia dell’Onu, che aggiorna mensilmente il suo Ffpi (l’indice dei prezzi dei prodotti alimentari), nelle ultime rilevazioni sul 2021 fotografa un pericoloso trend al rialzo: +28,1% rispetto all’anno precedente, numeri che non si vedevano dal 2011. Complici le varianti del virus e la penuria di gas dovuta alle scaramucce geopolitiche, certo. Ma anche e soprattutto, come sottolinea l’economista senior Abdolreza Abbassian, “le condizioni climatiche sempre più incerte”.

Chissà che almeno su questo dossier la vecchia Europa non riesca finalmente a muoversi unita. Ci sarebbe da gridare al miracolo, il secondo dopo il Recovery. È chiaro a tutti ormai come il sogno comunitario si sgretoli in mille particolarismi proprio sotto il peso dei grandi temi. Divisi pure sull’energia, tra chi vuole il carbone e chi si appella all’atomo, i grandi vertici sempre più spesso si concludono in spiacevoli nulla di fatto. Perché se a livello globale siamo lontani dall’azione congiunta che la crisi climatica impone, anche nel nostro piccolo europeo non ci sforziamo poi tanto.

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