Il patrimonio sequestrato comprende numerosi terreni e abitazioni ubicati in Toscana, nelle province di Arezzo e Pisa, e in Calabria, nel crotonese, oltre a conti correnti, società e automezzi facenti capo all’indagato e al suo nucleo familiare
Sequestrati beni per un valore di 5 milioni di euro a Francesco Lerose, imprenditore calabrese attivo in Toscana nel settore dei rifiuti, già arrestato lo scorso aprile nell’operazione denominata ”Keu”, dal nome del rifiuto derivante dall’attività di concia delle pelli che, nonostante presentasse particolari criticità ambientali, era stato riutilizzato per sottofondi stradali, terreni agricoli e opere pubbliche. L’operazione è stata portata avanti dalla Direzione investigativa antimafia (Dia), dal Nucleo operativo ecologico dei Carabinieri (Noe) e dai Nuclei investigativi di Polizia ambientale agroalimentare e forestale (Nipaaf) di Firenze nell’ambito di un’attività congiunta e coordinata dalla Procura di Firenze.
Il patrimonio sequestrato comprende numerosi terreni e abitazioni in Toscana, nelle province di Arezzo e Pisa, e in Calabria, nel crotonese, oltre a conti correnti, società e automezzi facenti capo all’indagato e al suo nucleo familiare. Dopo il sequestro seguirà la fase del giudizio ed il Tribunale dovrà decidere se disporre o meno la definitiva confisca dei beni sequestrati. I beni sono stati infatti sequestrati in esecuzione di una misura di prevenzione patrimoniale disposta dal Tribunale di Firenze, sulla base di una proposta di misura di prevenzione patrimoniale avanzata dall’Ufficio Misure di prevenzione e contrasto ai patrimoni illeciti della Procura della Repubblica di Firenze: per l’accusa l’imprenditore avrebbe accumulato nel corso degli anni “un ingente patrimonio di origine delittuosa“.
L’attività investigativa aveva anche permesso di acquisire riscontri circa la vicinanza del proposto a famiglie ‘ndranghetiste crotonesi riconducibili alla cosca Grande Aracri di Cutro (Kr). Tale circostanza peraltro è emersa in ulteriori recenti indagini coordinate dalla Dda fiorentina e condotte dalla sezione anticrimine del Ros di Firenze. Il provvedimento eseguito va, pertanto, ad assicurare che il patrimonio derivante dall’attività illecita non venga disperso e scaturisce dalla strategia di contrasto dei reati improntata all’approccio “follow the money”, ovvero inseguire l’ingiusto profitto delle attività illecite, ed è finalizzato a garantire la sottrazione dei patrimoni provento di reato, oltre ad assicurare strumenti per rimediare in via equivalente ai danni causati all’ambiente e ai terzi.
Stefano Vignaroli, presidente della Commissione Ecomafie del Parlamento, ha espresso in una nota i suoi complimenti alle forze dell’ordine per “l’intensa attività di sinergia coordinata dalla Procura di Firenze”. “Stando agli accertamenti degli inquirenti – continua Vignaroli -, l’imprenditore avrebbe riutilizzato i rifiuti derivanti dall’attività di concia delle pelli per sottofondi stradali, terreni agricoli e opere pubbliche, nonostante le evidenti criticità ambientali che lo stesso presentasse”. Il deputato ha spiegato inoltre che “l’attività d’inchiesta degli inquirenti si è rivelata fondamentale per svelare il complesso intreccio esistente tra imprenditoria malsana, organizzazioni criminali e traffico e gestione dei rifiuti“. “Lo Stato deve continuare con forza il lavoro di contrasto alle Ecomafie, specie nel settore dei rifiuti” ha concluso Vignaroli.