di Serena Verrecchia
La scempiaggine stavolta è talmente indecente che potrebbe persino funzionare. Ma se anche non fosse lui l’ultimo maratoneta a rimanere integro alla fine della corsa per il Colle, e se anche il responso finale dovesse arridere – come è probabile – a qualcun altro, Silvio Berlusconi avrebbe comunque vinto.
Mentre ci si arrovella alla ricerca di una scelta meno divisiva (“divisiva“ è il vestito buono con cui si acchittano le moderne dichiarazioni politiche, sempre così attente a sfuggire da parole torbide come “criminale“, “oscena“, “immorale“, “vergognosa”), mentre si raschia l’assortimento deprimente delle alternative meno traumatiche (praticamente tutte meno i fratelli Graviano), lui ha già scritto (riscritto) la Storia. Silvio Berlusconi ha vinto, vince sempre. Non da oggi – il Quirinale è solo la pennellata di fango finale sul nostro Paese -, ma da sempre, dal primo giorno che ha messo piede in politica. Quando si è tenuto le televisioni, si è cancellato i reati, ha distrutto l’immagine dell’Italia all’estero.
È riuscito a far parlare seriamente della sua candidatura alla carica più alta dello Stato, rendendo così probabile l’improbabile e proponibile l’improponibile. Ha lasciato che l’idea prendesse corpo nella testa delle persone e ingrassasse il dibattito pubblico, non importa se come possibilità concreta o come una delle sue ultime raccapriccianti trovate. È riuscito a infilare il proprio nome nel corpaccione di papabili in lizza per la presidenza praticamente incontrastato: che sia un pregiudicato, plurindagato, sotto inchiesta per le stragi del ‘93-‘94, attualmente sotto processo, è per i suoi avversari politici un dettaglio che evidentemente non merita di essere sbandierato giorno e notte nelle piazze, sui social, in tv, sui giornali.
Ha contorto l’etica pubblica al punto da svilirla completamente, l’ha sbrandellata fino a renderla un neo deforme, un’imperfezione da estirpare. Berlusconi è riuscito a declassare le istituzioni ad un’appendice superflua del suo coloratissimo show, rovesciando irrimediabilmente il sistema di valori di questo Paese e condannandolo per sempre al Sottosopra.
Come si può sperare di riaggiustare il senso etico della politica se questo 2022 puzza già di 1994? Il berlusconismo è riuscito a imporsi nel Paese: che ora riesca a normalizzarsi oppure no attraverso il sogno del Colle è assolutamente irrilevante. Berlusconi ha vinto. E noi non siamo gli sconfitti, no. Noi siamo i perdenti, che è diverso.
Dovremmo srotolare un bel po’ di principi dal tempio dei nostri valori migliori per spiegare ai ragazzi, agli adulti del futuro, perché chi ha una coscienza macchiata possa aspirare all’onore più grande di tutti. Perché chi ha fatto della politica italiana una boutade sgraziata e volgare non concluda i suoi giorni lontano dai palazzi del potere. E dovremmo farlo restando seri. Tragicamente, drammaticamente seri.
Consegneremo alla storia anche il tentativo bislacco di un vecchio ammuffito e impresentabile che voleva farsi eleggere Capo dello Stato. Questo ormai non possiamo cancellarlo. La nostra progenie avrà di che vergognarsi. Per molto tempo ancora.