Politica

Quirinale, su Berlusconi il messaggio dei vescovi è palese: si faccia da parte

A una settimana dalla riunione solenne dei grandi elettori per la presidenza della Repubblica, Chiesa e Vaticano bocciano la candidatura Berlusconi. E’ più che un veto, che d’altronde non è nello stile dell’attuale pontificato. E’ una dichiarazione di impresentabilità.

Il Fatto ha già riferito delle lettere dei cattolici disgustati, che sono state pubblicate sul giornale dei vescovi. La candidatura è da considerare “un’offesa imperdonabile a tutti gli italiani seri, comunque la pensino e comunque votino”, ha scritto lapidario un lettore lombardo di Avvenire.

La cosa più rilevante, peraltro, è la presa di posizione del direttore Marco Tarquinio. Il responsabile della linea editoriale di Avvenire non ha trattato le lettere critiche semplicemente come uno sfogatoio, ma le ha assunte in tutta la loro valenza morale e politica. “Vox populi, vox Dei, si diceva un tempo”, ha sottolineato. Il momento scelto è quello della massima diffusione del giornale: domenica. Il linguaggio adoperato è preciso e diretto.

Tarquinio mette in luce l’“ampiezza e l’allarmata coralità delle riflessioni di lettori e lettrici” e le definisce “eloquentissime”. Si profila il pericolo, spiega, di un esito negativo causato da giochi politicistici, debolezze e presunzioni dei protagonisti dell’arena politica. Un esito “dannosamente prodotto e subìto da una maggioranza istituzionale incapace di esprimersi”. Soggiunge Tarquinio che “sarebbe il colmo se… il Cavaliere trovasse il suo, e solo il suo, traguardo di rivincita per un mix di perizia, di malizia e di inerzia…”.

Qui ogni parola è soppesata e voluta: l’opzione Berlusconi è un danno per l’Italia e la sua ascesa al Quirinale sarebbe un guadagno soltanto e unicamente per sé stesso.

E’ evidente che Tarquinio, in una presa di posizione così pesante e politicamente rilevante, sa di potere contare sull’assenso del cardinale Bassetti, presidente della Cei, e su una omogeneità di valutazione da parte del pontefice.
In questo senso il no di sbarramento del Vaticano all’ipotesi di Berlusconi presidente si muove sulla stessa linea dell’amministrazione Biden, che dietro le quinte non è per niente favorevole al tentativo di scalata di un personaggio licenziato visivamente a suo tempo dai sorrisi di scherno del presidente francese Sarkozy e della cancelliera Merkel. I grandi potentati economici europei, d’altro canto, non si sentono per niente rassicurati da una prospettiva del genere.

Se, nella stagione della presidenza Ruini della Cei, Berlusconi poteva ancora rappresentare una carta da giocare per bloccare una serie di leggi – dalla fecondazione artificiale alla legalizzazione delle coppie di fatto – oggi non c’è alcun motivo di fargli sconti.

D’altronde alla Cei e all’Avvenire non hanno dimenticato la spietata caccia all’uomo mediatica, scatenata a suo tempo dal Giornale – con la piena consapevolezza di Berlusconi – contro l’allora direttore del quotidiano dei vescovi, Dino Boffo, nel momento in cui l’episcopato italiano si sganciava dal Cavaliere per i suoi intollerabili comportamenti nella sfera istituzionale e privata.

Il Vaticano preme dunque per un atto di resipiscenza, motivato anche dalla preoccupazione che una presidenza Berlusconi possa colpire la credibilità internazionale dell’Italia in un momento delicato di ripresa economica, di lotta alla pandemia e di tentativi (per ora con risultati assai scarsi) di contrastare le crescenti disuguaglianze sociali. Di tutto c’è bisogno tranne di uno scadimento dell’Italia sulla scena internazionale. Il direttore di Avvenire confessa di sentire l’eco di “vecchi, mortificanti e insopportabili giudizi e pregiudizi che tornano a circolare sull’Italia e gli italiani”.

Il consiglio delle gerarchie ecclesiastiche cattoliche è palese: Berlusconi “faccia un passo di lato” e contribuisca a sciogliere “con saggezza” il groviglio di preoccupazioni che si è creato. Sembra un invito a Gianni Letta a muoversi con decisione.

Nella pagina politica dell’Avvenire. Il monito tocca anche le ambizioni politiche future di Salvini e di Meloni. La vicenda del Quirinale, viene messo in risalto, è un test per la loro capacità di leadership: spingano Berlusconi a ritirarsi per assenza di numeri entro la settimana prossima. Altrimenti rischiano di rimanere coinvolti in una sconfitta totale.
Così suggerisce un giornale dall’intestazione quanto mai allusiva, Avvenire.