di Alberto Siculella
Sarebbe bello, semplice, facile, ridurre tutto alla colpa di una minoranza. Sarebbe troppo semplice dare la caccia all’untore, al nemico in carne ed ossa, ma scopriremmo che ci abbiamo già provato, e ci è andata sempre male. Abbiamo provato a farlo con i cinesi, con i migranti. Poi abbiamo scoperto che il virus è più mutevole e democratico di Salvini, che viaggia in prima classe, che non guarda a lauree o lavori, che può essere contagioso e contagiato ognuno di noi.
Certo, cedere all’odio verso i no vax è semplice, basta guardare tv, leggere giornali, ascoltare opinionisti in radio e seguire le conferenze stampa di Draghi che predica coesione e unità, ma divide e lacera, per credere convintamente che 5 milioni di non vaccinati siano il vero problema del nostro Paese. La situazione è critica, certamente meno di un anno fa, ma bisogna chiedersi se lo sia per colpa dei non vaccinati o nonostante i vaccinati, che sono la stragrande maggioranza e che continuano ad essere un numero sempre maggiore, vuoi per l’obbligo prima camuffato, poi esteso per legge, vuoi per inerzia o per le varie operazioni di convincimento.
Eppure a ben vedere il nostro Paese, con il tasso di vaccinazione tra i più alti d’Europa, e dopo un’inquietante rastrellata della prima, seconda e terza ondata, si è presentato con numeri differenti, con un conto salatissimo già pagato, con una situazione che andava presa di petto, ma ci ha colto genuflessi. E non poteva essere altrimenti.
Negli ultimi dieci anni sono stati chiusi 189 ospedali nell’ottica di un efficientamento dei costi, che invece sono lievitati, passando da 64 a 119 miliardi di euro. Il personale infermieristico conta 60 mila unità in meno per un rapporto ottimale rispetto alla popolazione. Siamo scesi da 5,9 posti letto ogni mille abitanti a 3,1, e tra le grandi economie europee abbiamo il rapporto più basso in assoluto.
In un sistema sanitario universalistico, dove le cure sono garantite a tutti, perché la sanità è di tutti e tutti contribuiamo ad essa, la stucchevole retorica dello scegliere chi curare tra un malato oncologico e un non vaccinato si frantuma nei dati di cui sopra, che ci propongono un Paese dove da oltre un decennio code, attese e periodi sottopressione si sono registrati sempre, a prescindere dall’epidemia che oggi presenta il conto. La settima potenza mondiale, nonché uno dei sistemi sanitari più strutturati al mondo, non può cedere ad una pressione del 20-30% dei posti letto di terapia intensiva occupati, che essi siano vaccinati o meno.
In questi giorni l’Oms si è soffermata sulla necessità di elaborare un vaccino capace di intervenire sulla trasmissione del virus oltre che sulla malattia grave, mentre Ema suggerisce prudenza su una strategia vaccinale basata su continui richiami, che porterebbe alla controindicazione di una “paralisi immunitaria”, ovvero di un’incapacità del nostro sistema immunitario di rispondere a tante sollecitazioni, mettendo in discussione la già vociferata quarta dose.
Scopriamo poi che dal più grande campionamento osservato in Italia, tramite l’Istituto Altamedica, il 72% dei positivi risulta essere vaccinato, e lo stesso direttore dell’Istituto sostiene, come tanti virologi di fama internazionale, che il vaccino mRna è efficace sulla protezione da malattia grave, ma in maniera troppo poco stabile, poiché basato sulla singola proteina spike che più volte si è profondamente modificata, portando il vaccino all’esigenza di essere aggiornato.
Al netto di tutte queste considerazioni, dati e riferimenti, siete sicuri che il nostro unico vero problema sia una minoranza di non vaccinati?