Nelle carceri “il primo e più grave tra tutti i problemi continua ad essere il sovraffollamento”. La ministra della Giustizia Marta Cartabia lo ha spiegato in un passaggio della sua relazione al Senato, specificando che “su 50mila 832 posti regolamentari, di cui 47mila 418 effettivi, i detenuti sono 54mila 329“. Una percentuale di sovraffollamento che arriva al 114% e che “esaspera i rapporti tra detenuti”. Un problema che rende molto più difficile il lavoro degli operatori “a partire da quello della polizia penitenziaria, troppo spesso vittima di aggressioni. Sovraffollamento – ha sottolineato – significa maggiore difficoltà a garantire la sicurezza e significa maggiore fatica a proporre attività che consentano alla pena di favorire percorsi di recupero“.
Alcune carceri “non sono degne del nostro Paese e della nostra storia. Venerdì scorso, sono stata al carcere di Sollicciano a Firenze e ho potuto vedere di persona le condizioni indecorose di questo, come di altri istituti, nonostante la manutenzione straordinaria in atto. Indecoroso e avvilente per tutti. E non a caso, sono tantissimi gli episodi di autolesionismo, mentre questo 2022 registra già drammaticamente cinque suicidi. Vivere in un ambiente degradato – ha dichiarato Cartabia – di sicuro non aiuta i detenuti nel delicato percorso di risocializzazione e di certo rende più gravoso il già impegnativo lavoro di chi ogni mattina varca i cancelli del carcere per svolgere il suo lavoro”.
C’è “attenzione” alla polizia penitenziaria, che svolge un “compito complesso e delicatissimo” e che è manifestata anche dall’urgenza delle nuove assunzioni. Ma riguardo al carcere “non ci può essere un atteggiamento che contrapponga le esigenze dei detenuti a quelli della polizia penitenziaria e del personale che vi lavora” perché “ogni miglioramento delle case di reclusione rende più dignitosa la vita di tutti, stempera le tensioni, abbassa i motivi di attrito“.
Dichiarazioni quelle della Guardasigilli che sono arrivate il giorno dopo l’allarme di Gennarino De Fazio, Segretario Generale del sindacato Uilpa Polizia penitenziaria, sulla situazione Covid nelle carceri. “Continua ad aumentare vertiginosamente il numero dei detenuti positivi al virus, tanto da risultare 2625 alle ore 20 di ieri, a fronte dei 1982 della stessa ora del 13 gennaio scorso, per un aumento di oltre il 32% in soli quattro giorni”. De Fazio ha messo in evidenza nella nota che il numero dei positivi al Covid comunicato dalle sedi territoriali non corrisponde con i dati del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ( Dap). Nel comunicato dell’Uilpa si elencano i focolai attualmente attivi nelle carceri italiane: Torino (173), Napoli Secondigliano (144), Firenze Sollicciano (128), Napoli Poggioreale (126), Busto Arsizio (120), Prato (110) e Pavia (103), “a voler citare solo quelli dove si sfonda il tetto dei cento”, ha specificato De Fazio.
“Notiamo, inoltre, una possibile controtendenza con quanto avviene nel Paese: mentre fra la restante popolazione la propagazione del virus sembra da qualche giorno decelerare, fra quella carceraria continua ad aumentare in misura esponenziale”. Una situazione che il sindacalista spiega con la mancanza di provvedimenti aggiornati per la variante Omicron. Nelle carceri, ha scritto De Fazio, “poco o niente si è fatto per coloro che vivono e lavorano nei penitenziari e, al di là dell’obbligo vaccinale per gli operatori, i minimi provvedimenti adottati devono ancora entrare in vigore”. Nel comunicato si lamenta una mancanza di attenzione sul tema da parte della politica, in questi tempi concentrata sull’elezione del capo dello Stato che, come ha ricordato De Fazio, “potrebbe coinvolgere direttamente le principali figure che dovrebbero occuparsi particolarmente dei problemi carcerari come il presidente del Consiglio, Mario Draghi, e la ministra della Giustizia, Marta Cartabia”. La nota si chiude con un appello perché nelle carceri ci sia “l’obbligo vaccinale e la reale e non solo fantomatica dotazione di mascherine Ffp2 per operatori, detenuti e quanti a qualsiasi titolo accedano nelle carceri, sia l’aggiornamento del protocollo di sicurezza sanitario”.