di Margherita Cavallaro
Questo post arriva con un po’ di ritardo perché genuinamente l’unico pensiero che riuscivo a formulare a riguardo era “Ma quanto deve essere piccolo il tuo pinolo perché la tua virilità sia minacciata da un colore?”. Sto ovviamente parlando delle mascherine rosa fornite a varie questure locali. Non travisatemi, sapete quanto ami parlare di micropeni omofobi e misogini sulle testate nazionali, ma mi piace farlo se posso anche aggiungere qualcosa di costruttivo a riguardo e proprio non ci riuscivo.
Eppure c’era qualcosa che continuava a ronzarmi in testa anche se fino a ieri non riuscivo a puntarci il dito. Un fastidio più profondo e imprecisato rispetto a tutta questa situazione che non riuscivo però a mettere a fuoco, finché qualcosa non è scattato: il fastidio quasi esistenziale veniva dall’uso della parola “indecoroso” da parte del sindacato Sap.
Tralasciamo per un attimo l’ovvio fatto che dovrebbero ringraziare Iddio di averle, delle mascherine Ffp2 a loro stessa protezione, invece che essere mandati allo sbaraglio come era successo a molti medici di base all’inizio della pandemia. Tralasciamo anche il fatto che mi preoccupa sapere che nelle menti dei poliziotti italiani ha più importanza il colore di un equipaggiamento protettivo del fatto che la sua funzione sia di proteggere la loro stessa vita. Tralasciamo perfino che nel film Operazione Sottoveste degli anni ’60 manco i marines americani facevano storie per un intero sommergibile rosa. Perché il rosa è “indecoroso”?
Prima di proseguire faccio coming out: a me il rosa non piace. Mai piaciuto. Lo accetto solo nella luce smart di camera mia per il comando “sexy time” di Alexa. Eppure se dovessi andare a Chernobyl e qualcuno mi desse una tuta anti-radiazioni rosa, ecco, al colore non ci farei manco caso. Un colore che, peraltro, è storicamente stato associato alla mascolinità, almeno fino agli anni ’40. Il rosa si trovava spesso nelle livree medievali e rinascimentali, sia in società che in battaglia, e perfino Gatsby (ovviamente de Il Grande Gatsby) aveva un completo rosa che sfoggiava nelle sue feste e lui era er più figo der bigonzo. Tuttora alcune delle contrade del Palio di Siena fanno gareggiare i propri fantini in livrea rosa, e il Palio è una delle corse equestri più hardcore del mondo, il che rende i fantini che vi gareggiano i più cazzuti del mondo, e nessuno di loro si lamenta di correre in rosa.
Da dove viene allora l’impressione che il rosa per la polizia sia indecoroso? Beh, negli anni ’40 semplicemente qualche stilista si inventò degli abiti femminili rosa, il che portò ovviamente gli uomini a rigettare quel colore (perché orrore e raccapriccio sia mai che uno si veste con lo stesso colore delle femmine, anche se pure quello nel Medioevo e Rinascimento era una cosa normale e anzi un assodato metodo di corteggiamento), fino a giungere all’uso del triangolo rosa per indicare gli uomini omosessuali nei campi di concentramento. Ed ecco dove sta l’”indecoroso”. Nelle menti di certi energumeni con memoria e cultura storiche profonde come una piscina per neonati, il rosa è un colore da deboli, da oppressi, da perdenti. Il rosa rappresenta tutto quello che sono le donne e le persone Lgbt+ nella loro visione della società. Ovviamente però non hanno problemi con il nero, il colore storicamente dei ladri, delle spie, dei boia, degli assassini, dei fascisti. Il colore dei forti con la violenza anonima di un casco oscurato o di una divisa che garantisce impunità da ogni nefandezza.
È questo il mio profondo disagio: la realizzazione del fatto che chi dovrebbe proteggerci trova indecoroso un colore recentemente associato alle donne e agli omosessuali piuttosto che un colore associato al nazismo e alla violenza. Che un corpo di polizia trovi di rimando indecorosi tutti i suoi agenti donne e Lgbt+, ma non quelli che fanno apologia fascista (commettendo per altro un reato penale), che torturano civili di notte in una scuola o ammazzano di botte ragazzi sotto custodia.
Ho cominciato dicendo che a me il rosa non piace. Beh, mi sono ricreduta: al giorno d’oggi (così come un tempo) è invece un colore con un pene e un clitoride enormi e turgidi, sicuri di sé e delle proprie prestazioni. È un colore cazzuto, rivoluzionario, che non ha paura di mostrarsi per quello che è e che non sente il bisogno di mimetizzarsi nell’ombra. È un colore che resiste alle manipolazioni e non si piega alla violenza. È un colore antifascista! Ben vengano quindi le mascherine rosa! Che siano piuttosto obbligatorie nelle caserme e pure nelle scuole, perché, che ci piaccia o no, dal rosa abbiamo tutti qualcosa da imparare. Soprattutto l’antifascismo. Soprattutto quando ci fa così tanta paura da farci considerare un colore indecoroso.