Con sentenza del 3 gennaio scorso il Tar Abruzzo ha accolto il ricorso di alcune associazioni ambientaliste contro il provvedimento amministrativo della stessa regione che prevede la “Realizzazione di nuovi impianti da sci in Ovindoli (AQ) – Proponente: Comune di Ovindoli”, all’interno del Parco Regionale Sirente Velino, in una Zona di Protezione Speciale (Zps). Partiamo dalla triste considerazione che chissà invece quanti interventi sul territorio perfettamente illegittimi sfuggono alle maglie della giustizia. Per uno che viene fermato è lecito supporre che enne invece vadano in porto nella nostra martoriata terra, continuando a inseguire il mito dello sviluppo. Ciò premesso, veniamo al caso di specie perché si segnala per alcune particolarità davvero uniche e in qualche modo “gustose”.

Siamo a Ovindoli, comune dell’interno dell’Abruzzo, dove già esistono degli impianti di risalita (Ovindoli Monte Magnola) che hanno la particolarità di ricadere all’interno di un’area protetta, il parco regionale Sirente Velino. L’istituzione del parco fu irta di ostacoli, nonostante la ricchezza e unicità del suo territorio, e di recente la Regione ne ha addirittura ridotto i confini (norma peraltro impugnata dal Governo), dimostrando un certo fastidio per le aree protette.

Ma torniamo a Ovindoli – comune al quale la regione ha fatto il favore di confezionare il provvedimento di cui all’esordio di questo post – e vediamo le motivazioni con cui il giudice amministrativo lo ha considerato illegittimo. Esse sono diverse: ad esempio, nel procedimento che prevede l’estensione dell’area sciistica per ben dieci ettari dentro l’area protetta non sono stati consultati i carabinieri forestali che gestiscono l’area stessa; e così pure manca una nuova valutazione paesaggistica da parte della soprintendenza dopo che il progetto era stato modificato. Ma ci sono due punti della sentenza che meritano soprattutto di essere citati. Il primo è che una delle ragioni per cui l’area interessata dagli sbancamenti è Zps consiste nell’esistenza di una delle ormai residue popolazioni della rara vipera dell’Orsini (vipera ursinii). I giudici sottolineano che lo stesso atto impugnato ammette che alcuni esemplari potrebbero morire ma che per gli altri si procederebbe allo spostamento: “Rilocazione di individui accidentalmente rinvenuti”.

Quindi i politici abruzzesi ragionano così: c’è un’area di elevata valenza ambientale, abitata da un animale a rischio di estinzione. Che problema c’è? Basta spostarlo. Modo di argomentare davvero bizzarro, quasi che alla vipera sia indifferente dove vivere. Il bello è che la stessa regione, con legge n.50/1993, prevede per questa specie e altre il divieto di “ogni forma di cattura, di asportazione dall’habitat naturale, di maltrattamento, di detenzione in cattività e di uccisione”.

Ma un altro aspetto è particolarmente degno di nota, e cioè che la procedura di valutazione di incidenza ambientale (VIncA) fu fatta dal geometra del comune di Ovindoli. Cioè, una valutazione sulle conseguenze ambientali di una nuova opera (nel caso, impianti di sci) su un’area di elevata importanza ambientale è stata demandata al geometra dello stesso comune che vuole realizzare gli impianti.

Ora, con tutto il rispetto per la categoria dei geometri, che sicuramente se ne intendono di costruzioni e sbancamenti, c’è da dubitare che essi abbiano le necessarie competenze per valutare i danni che potrebbero essere arrecati ad aree naturali sensibili. Demandare loro questo compito denota la superficialità dell’operare della mano pubblica, denuncia la sua insensibilità rispetto all’ambiente e dimostra chiaramente quanto chi governa ritenga le valutazioni ambientali un inutile orpello. Giustamente, proprio da queste pagine nei giorni scorsi Maria Cristina Fraddosio segnala allarmata in un suo articolo questa prassi abruzzese: “Per realizzare un’opera serve il parere di esperti che si occupano di flora e fauna, ma questo compito è svolto da impiegati comunali.”

Nonostante la palese illegittimità della procedura seguita, la regione ha l’ardire di ricorrere al Consiglio di Stato. Queste le parole dell’assessore regionale alle Aree interne, Guido Liris: “la sentenza dei giudici amministrativi è ideologica e condanna il territorio a restare nelle retrovie dello sviluppo turistico… Auspico che sia la volta buona affinché le istituzioni a tutti i livelli aprano una profonda riflessione, sollecitata da anni da operatori e associazioni, sui vincoli ambientali che insistono in gran parte delle aree maggiormente vocate al turismo della provincia dell’Aquila e che ne impediscono uno sviluppo sereno”. Cioè i vincoli ambientali, come anzidetto, sono solo un inutile ostacolo.

E’ questa l’Italia che vorrebbe attuare la transizione ecologica: siamo davvero messi bene!

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