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Quirinale: intesa tra centrosinistra e M5s su strategia comune, ma divisi su Draghi. Conte: “Nessun veto, ma garantire continuità”

L'incontro tra i tre leader è avvenuto in mattinata e al momento è servito per ribadire la necessità di muoversi insieme e compatti. Ma il presidente 5 stelle ha esposto le difficoltà dei suoi gruppi di sostenere l'attuale premier per la corsa al Colle. Poco dopo il presidente 5 stelle ha visto Di Maio

In cerca di un candidato comune, aperti al confronto con il centrodestra, ma divisi (per ora) sulle sorti di Mario Draghi. Il primo vertice congiunto in vista del voto per il Quirinale dell’area di centrosinistra non ha risolto i nodi sul tavolo. Giuseppe Conte, Enrico Letta e Roberto Speranza si sono visti di prima mattina per cercare di elaborare una strategia comune, ma le ricostruzioni delle ultime ore parlano di un’intesa che al momento non è stata raggiunta. Il primo problema è la candidatura di Silvio Berlusconi: il nome del Cavaliere impedisce un qualsiasi dialogo e, se restasse in campo, si dovrebbe trovare una presa di posizione unitaria. Il secondo si chiama Mario Draghi: perché se per Enrico Letta tutto il fronte dovrebbe lavorare sul suo trasloco al Colle, Conte ha detto chiaramente che i suoi gruppi parlamentari su questo non lo seguirebbero. E quindi è necessario, hanno confermato fonti M5s, fare in modo che “il governo continui” nella sua operazione.

Il segretario dem poco dopo il vertice ha rilasciato un’intervista all’Huffington post e ribadito che “Draghi è prezioso”, senza entrare nel dettaglio sul suo ruolo. Ma il vertice tra i leader non è stato l’unico passaggio importante della giornata per i giallorossi. In tarda mattinata, Giuseppe Conte ha incontrato Luigi Di Maio a margine di un evento alla Farnesina. Un colloquio definito “sereno e distensivo”, durante il quale però Di Maio ha invoca la necessità di un Movimento “compatto”. E per Di Maio è necessario “garantire il proseguo della legislatura per evitare di bloccare il Paese”. Rimane dunque il nodo Draghi, che come più volte ha detto Di Maio “va preservato da tatticismi politici”. Ma in serata Conte, intervistato dal Tg3, ha mostrato che il dialogo è aperto e dai 5 stelle non sono stati messi paletti: “Draghi al Quirinale? Non poniamo assolutamente dei veti“, ha detto. “Guardiamo soltanto all’interesse del Paese e facciamo valutazioni nell’interesse del Paese e dei cittadini italiani. In questo momento va garantita una continuità dell’azione di governo. Quindi nessun veto, noi non poniamo veti”.

L’incontro dei tre leader e il “Tweet congiunto” – Letta e Speranza si sono presentati a casa di Conte alle 8.30 e l’incontro, il primo in vista del voto sul Colle, è durato circa due ore. Al termine, l’unico punto fermo è stata l’unità di intenti che i tre leader hanno voluto certificare con un Tweet identico pubblicato immediatamente dopo la fine del vertice: “Ottimo incontro”, hanno scritto i tre leader. “Lavoreremo insieme per dare al Paese una o un Presidente autorevole in cui tutti possano riconoscersi. Siamo aperti al confronto. Nessuno può vantare un diritto di prelazione. #Tutti abbiamo il dovere della #responsabilità“. In tarda mattinata poi, cosa non secondaria, Giuseppe Conte si è intrattenuto per circa un’ora con Luigi Di Maio.

Fonti M5s alla fine dell’incontro: “Draghi resti a Chigi” – A confermare la linea sono state fonti del Movimento 5 stelle alla fine del vertice. Il Movimento, hanno fatto sapere alle agenzie di stampa, spinge ancora per trovare un nome alternativo a quello di Mario Draghi, in modo da poter far rimanere il premier a Palazzo Chigi. Per questo, si aggiunge, l’obiettivo resta di cercare un nome condiviso per garantire continuità al governo nella consapevolezza della “difficoltà di proseguire in un quadro di maggioranza di governo che senza Draghi difficilmente potrebbe reggere“. Ma soprattutto Conte, così come Letta e Speranza, si sarebbero confrontati sulla contrarietà della “stragrande maggioranza” dei loro gruppi alla soluzione Draghi al Colle. E inoltre hanno specificato che tra Conte, Letta e Speranza, non è stato “fatto alcun nome ma si è parlato di strategia, di come affrontare le prime votazioni”. E hanno tuttavia fatto notare come per ora il nome del premier stia circolando solo tra i parlamentari. “E’ fondamentale restare compatti, anche perché nessuno ha la maggioranza”, hanno commentato.

Letta: “Draghi va protetto” – Proprio su Draghi la posizione più morbida è quella di Enrico Letta che, in questi giorni, sta lavorando proprio per la candidatura del premier al Colle. Nell’intervista rilasciata all’Huffington post subito dopo il vertice, Letta ha dichiarato: “La protezione di Draghi deve essere l’obiettivo di tutte le forze politiche. È la risorsa fondamentale del paese e ci fa da scudo rispetto alle nostre debolezze, a partire dal debito. Di qui la necessità di fare tutto quello che è necessario per non sbagliare i prossimi passaggi. Non ce lo possiamo permettere”. Nessun veto quindi sulla sua salita al Colle, ma neanche una dichiarazione esplicita a proposito. E’ prematuro e le carte rimangono ancora coperte. Almeno il più a lungo possibile. In generale Letta si è detto positivo sul dialogo con gli altri leader di centrosinistra: “È andata molto bene. Ci siamo detti che il bluff di questi mesi è finito: nessuno ha il diritto di prelazione sul Colle. Il candidato va scelto insieme. È il momento della serietà”, ha commentato in riferimento alla corsa di Berlusconi. Quando gli viene fatto notare che ‘formalmente il Cavaliere è ancora in campo’, l’ex premier ha risposto: “Non vedo le condizioni perché ci possa rimanere, quindi non mi metto a fantasticare su questa ipotesi. Proprio ora che si è rivelata illusoria, resta quel che ho sempre detto sin dall’inizio: non c’erano i presupposti per una forzatura, e serve uno schema diverso. Prima dentro il centrodestra si supera questa contraddizione, meglio è. È vero, l’ipotesi Berlusconi sembra declinata”. Anche alla domanda se sia disposto a dialogare qualora Salvini e Meloni proponessero una rosa di nomi del centrodestra per il Quirinale, Letta non ha cambiato idea: “Le rose di una parte si fanno quando ci sono gerarchie precise. Basta leggere l’analisi di D’Alimonte per capire che questa gerarchia non c’è. I numeri sono numeri: in questo Parlamento, lo ripeto, nessuno ha diritto di prelazione. Direi che la messinscena può finire”.