L’ennesimo attacco alla “brutalità del cambiamento” imposto dalla Ue, cioè il passaggio a motori solo elettrici nel 2035, che “crea rischi sociali“. A meno che ovviamente l’aggravio di costo (50%) delle tecnologie elettriche non venga pagato dagli Stati “almeno fino al 2025”. Poi un nuovo avvertimento al governo: “Un anno fa ho notato che in Italia il costo di produzione di un’auto era significativamente più alto, a volte il doppio, rispetto alle fabbriche di altri paesi europei, nonostante un costo del lavoro più basso. Ne riparleremo a fine 2022. Qualsiasi approccio brutale sarebbe stato inopportuno”. Infine l’annuncio a sorpresa che la partita per la fabbrica di batterie a Termoli, annunciata la scorsa estate come cosa fatta e festeggiata come tale dal ministro dello Sviluppo Giancarlo Giorgetti, non è affatto chiusa: “Stiamo negoziando con il governo, ma non abbiamo ancora concluso”. L’ad di Stellantis, Carlos Tavares, torna a battere cassa. E, proprio nel giorno in cui va in visita proprio allo stabilimento molisano dove oggi i 2.400 dipendenti entrano ed escono dalla cassa integrazione, fa sapere che quell’investimento è ancora in bilico.
Tavares parla via Corriere della Sera, dopo le richieste – “se l’elettrificazione non verrà sostenuta ci sarà un impatto sulla crescita del mercato dell’auto elettrica e questo genererebbe altre conseguenze” – recapitate al governo il 6 gennaio con due interviste a Repubblica e Stampa, testate del gruppo Gedi che come Stellantis fa capo a Exor. Il numero uno del gruppo nato esattamente un anno fa dalla fusione tra Fca e Peugeot-Psa va alla carica con i soliti attacchi all’elettrificazione, rispondendo alle domande non proprio neutre di Federico Fubini. Per esempio: “La Commissione Ue ha un approccio ragionevole alla transizione energetica o mette fine ai veicoli a combustione troppo presto? Non era meglio un obiettivo sulla Co2 che rispettasse il principio della neutralità tecnologica?”. Risposta: “L’elettrificazione è una scelta politica“, “c’erano modi più economici e veloci di ridurre le emissioni” e “non guardare l’intero ciclo di vita delle auto elettriche è riduttivo” vista l’impronta di Co2 creata dalla fabbricazione della batteria, essa stessa inquinante. Problema noto, che altri costruttori stanno affrontando con la tecnologia puntando su riciclo e recupero delle materie prime.
Che sta facendo invece Stellantis? La scorsa primavera il gruppo aveva ufficializzato la decisione di produrre le proprie batterie in Germania, a Kaiserslautern (progetto per il quale ha incassato 400 milioni di contributi pubblici) e a Douvrin in Francia. A luglio, durante l’evento pubblico dedicato proprio ai veicoli elettrici, era poi arrivato l’annuncio della “allocazione del terzo sito europeo in Italia”, a Termoli appunto. Non senza proteste dal Piemonte, visto che in corsa c’era anche Torino. “Bella e attesa notizia. Come Mise abbiamo lavorato affinché questo accadesse”, aveva commentato Giorgetti. Ma ora si scopre che nulla è deciso. Incontrando i sindacati, il manager ha detto che il sito è “idoneo” ma non ha confermato l’investimento nella gigafactory, riservandosi di fornire i dettagli durante la presentazione del piano industriale del gruppo prevista a marzo. I rappresentanti sindacali temono, nel caso la scelta non fosse confermata, ripercussioni sui livelli occupazionali. E gli hanno chiesto chiarimenti sulle prospettive per il futuro dei lavoratori. Ma non hanno avuto risposta. “Non ammettiamo nessun ripensamento”, attacca Roberto Di Maulo, segretario generale della Fismic Confsal. Ferdinando Uliano e Marco Laviano della Fim Cisl chiedono al governo “una convocazione urgente per avere un confronto chiaro sulla gigafactory” e “per avere un chiarimento su come mai la costruzione non si è conclusa positivamente a 7 mesi dall’annuncio”.
Per Tavares il chiodo fisso sono i costi. A cui evidentemente è appesa anche la promessa di non chiudere stabilimenti in Europa: “Di solito mantengo le promesse, ma dobbiamo anche restare competitivi”. E i costi negli stabilimenti italiani sono più alti, dice. “Questo ha a che fare con l’organizzazione della produzione, che va migliorata. Se applichiamo all’Italia le buone pratiche che esistono nel nostro gruppo, l’Italia stessa avrà un buon potenziale. Un problema particolare che la riguarda è il prezzo fuori misura dell’energia. Abbiamo avuto una discussione estremamente virulenta con i fornitori di energia su questo punto”. Il punto di approdo è sempre lo stesso: servono incentivi pagati dallo Stato. Stellantis guarda e aspetta ma “a fine 2022 ne riparleremo”.
La traduzione di Giorgio Airaudo, segretario generale della Fiom Piemonte, è che “è in corso una campagna di comunicazione dedicata all’Italia da parte dell’amministratore delegato di Stellantis Tavares: si è passati dai quotidiani di Gedi, controllata dal comune azionista Exor, all’intervista al Corriere della sera. Sono avvisi all’Italia. Il governo e gli enti locali, in attesa dell’elezione del presidente della Repubblica, si occupino del futuro industriale dell’auto che resta una delle risorse per Paese”. Di fronte alle richieste del gruppo, secondo il sindacalista, “serve un piano che concordi gli investimenti in Italia per tutti i siti. Non possiamo sapere dai giornali che l’accordo per la Gigafactory di Termoli non è completato, la domanda è cosa faccia il ministro della Transizione ecologica”. E ancora: “Di fronte all’evocazione ripetuta del rischio di problemi sociali è necessario che il governo adotti, a fianco del piano, ammortizzatori sociali utili a riconvertire competenze e professionalità dal termico all’elettrico, a impedire i licenziamenti. Non possiamo restare appesi a decisioni unilaterali che saranno annunciate a fine anno, non permetteremo che il conto lo paghino i lavoratori”.