“Ho deciso di aderire a Italia Viva per una sofferenza che provavo dentro il Movimento: la mia formazione giuridica, da avvocato, mi porta a valutare le questioni avendo come faro la Costituzione, che è garantista, non giustizialista”. Così Elvira Lucia Evangelista, vicepresidente della Commissione Giustizia del Senato e membro della Giunta per le immunità, spiega alle agenzie il salto triplo che l’ha portata a trasformarsi da grillina in renziana nell’arco di 48 ore. Il 18 gennaio la senatrice aveva comunicato l’addio al gruppo M5S, anticipando però di voler avviare “interlocuzioni” con altri partiti, perché – spiegava – “la mia prospettiva non è quella di rimanere da sola”. C’è rimasta poco, infatti: appena due giorni dopo ecco il trasloco nelle file di Iv. “Non poteva che essere il mio naturale approdo“, commenta. La 53enne nuorese, eletta nel 2018 grazie a 105 voti ottenuti alle parlamentarie sarde, lamenta infatti di aver “provato più volte disagio per quella doppia morale che contraddistingue il M5S in merito alle questioni giudiziarie. Basti osservare l’atteggiamento tenuto sull’indagine che riguarda Beppe Grillo, dove improvvisamente si sono riscoperti garantisti”, attacca.
Per chi segue le vicende parlamentari, in realtà, il cambio di casacca non è del tutto inaspettato. Evangelista è una delle tre senatrici M5S che a dicembre si sono astenute in Giunta per le immunità su due dossier delicatissimi: la proposta di sollevare il conflitto di attribuzioni a favore di Matteo Renzi contro i pm di Firenze e quella di respingere la richiesta di arresti domiciliari per il senatore di Forza Italia Luigi Cesaro, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. L’astensione aveva attirato numerose polemiche, tanto che il leader Giuseppe Conte ha dovuto garantire che il voto in Aula sul caso Renzi (ancora da tenersi) sarà contrario. La neo-parlamentare di Italia Viva aveva espresso posizioni autonome dal Movimento anche rispetto alla riforma Cartabia del processo penale (che ha introdotto l’improcedibilità dopo due anni in Appello e uno in Cassazione), definita “innanzitutto una richiesta dei cittadini” per “una giustizia più snella, veloce ed efficace”, a cui votare sì “convintamente e con coraggio” al fine di rendere l’Italia “un Paese più appetibile dagli investitori”.
Eppure la svolta garantista della senatrice risale più o meno alla nascita del governo Draghi. A riascoltare i suoi interventi di qualche tempo fa invece affiorano toni ben più “manettari“: come quando a ottobre 2019 si scagliava contro la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo che aveva bocciato l’ergastolo ostativo ai mafiosi che non collaborano, “con ciò cancellando – diceva Evangelista – anni e anni di straordinari risultati della lotta contro la mafia, e in conseguenza cancellando la memoria dei giudici Falcone e Borsellino e di tutte le vittime”. La Corte di Strasburgo, spiegava in Senato, “dimostra la scarsa conoscenza della nostra legislazione antimafia a livello europeo”, perché si è espressa a favore di “un pluriomicida (il boss Marcello Viola, ndr), noto per aver fatto decapitare il suo nemico e aver giocato al tiro al bersaglio con la sua testa. Se estendessimo i benefici penitenziari anche al condannato all’ergastolo che non collabora, chi mai più collaborerebbe con la giustizia italiana?”, si chiedeva. A gennaio dell’anno scorso invece rivendicava la “lotta senza quartiere alla corruzione e a ogni forma di illegalità” portata avanti dal M5S “con la legge Spazzacorrotti“, non proprio un totem dei garantisti.
D’altra parte per apprezzare l’evoluzione basta leggere il programma del M5S nel 2018, quello con cui Evangelista è stata eletta in Senato: sulla giustizia gli obiettivi erano la riforma della prescrizione (quella di Bonafede, che la bloccava dopo la condanna in primo grado), il Daspo per i corrotti, l’estensione dell’agente sotto copertura e delle intercettazioni tramite trojan ai reati di corruzione. L’eccesso di prescrizioni – recitava la versione estesa – “aiuta delinquenti e corrotti che riescono quasi sempre a sfuggire alle pene”: come avrebbe commentato, la candidata Evangelista, la riforma Cartabia di cui si è mostrata tanto entusiasta una volta eletta? L’afflato garantista è stato soffocato tanto a lungo che la senatrice, in un’intervista a Radio Radicale il giorno dopo l’addio al M5S, lo tira fuori tutto in un colpo: “Non si può più pensare al carcere come la soluzione di tutto“, ha detto, dichiarandosi disposta a “ragionare” sulla proposta di legge di Roberto Giachetti per una liberazione anticipata speciale di centinaia di detenuti. Evangelista ha endorsato anche i referendum radical-leghisti sulla giustizia, in particolare quello sulla separazione delle carriere: “Giusto dare la parola ai cittadini. Il magistrato può svolgere meglio il suo lavoro se è totalmente imparziale”. Chissà cosa ne pensano i suoi elettori.