C’è davvero qualcosa di squinternato in questo paese se si rovesciano fino a questo punto i metri di giudizio. Non solo il buono e il cattivo, o il giusto e l’ingiusto. Ma anche il possibile e l’impossibile.
Silvio Berlusconi presidente della Repubblica. E tu pensi a una vignetta. Senza paraocchi ideologici. Ma solo guardando i fatti nudi e crudi: una reputazione internazionale ai minimi termini, salvi i buoni rapporti personali con qualche tiranno o magnate, con la nostra diplomazia perennemente in vergognato imbarazzo; condanne definitive nei tribunali della Repubblica; raffiche di prescrizioni per reati comunque accertati; e condanne pesanti per molti dei suoi preferiti, per la sua corte di potere.
Imprenditore geniale, ci sta pure. Ma con trascorsi penali e una storia personale che mai dovrebbero poter andare al Quirinale, esprimere la massima magistratura di una democrazia (lo dico o non lo dico?) “nata dalla Resistenza”. Impossibile, per qualunque cittadino di buon senso, anche non prevenuto. E invece è considerato possibile, possibilissimo, dai partiti, dagli esponenti politici e soprattutto dalla stampa. Naturale, ovvio, liscio come l’olio. Nessuno spiega perché sia ovvio, perché “si può”, e perché una democrazia non urli, come in un solo coro, “non possumus”. Ed è così che oggi il paese discute seriamente della possibile elezione di Silvio Berlusconi a presidente della Repubblica. Di quanti voti ha raccolto, di che cosa succederà alla prima o alla terza chiama. Eccetera.
Se invece fai il nome di una candidata quando tutti dicono che “stavolta ci vuole una donna”. Se fai il nome di una donna che non è mai finita in uno scandalo quando tutti ci spiegano l’effetto devastante della corruzione sull’economia e sulla qualità civile del Paese. Se fai, ancora, il nome di una cattolica aperta e politicamente laica quando il mondo intero (tranne i congiurati) elogia e si commuove ascoltando i discorsi di Papa Francesco. Se fai il nome di una parlamentare che ha guidato con rigore e competenza la Commissione parlamentare antimafia, e lo fai nell’anno più simbolico, quello dei quarant’anni dall’assassinio di Pio La Torre e Carlo Alberto dalla Chiesa, dei trent’anni dall’assassinio di Falcone e Borsellino, con i buoni propositi che verranno di conseguenza dichiarati all’unanimità. Se, nell’infuriare della pandemia e mentre tutti benedicono il nostro servizio sanitario “universalistico”, fai il nome del ministro della sanità che con la sua riforma l’ha salvato.
Se fai, infine, il nome di una esponente politica che nel suo ultimo difficile incarico ha ottenuto i consensi unanimi del suo schieramento e di un pezzo importante dell’opposizione, quando tutti predicano il bisogno di non frammentarsi davanti alla pandemia e al compito della ricostruzione. Ecco, se fai il nome di Rosy Bindi, allora ti replicano che “è impossibile”. E la ragione più “profonda” di questa risposta è di nuovo che “è fuori gioco”. Solo qualcuno spiega “perché è divisiva”, come se Berlusconi non fosse stato il personaggio più divisivo dell’intera storia repubblicana.
Quando ero adolescente c’era un cantante dalla voce profonda di nome Michele. E c’era un passo di una sua canzone, che egli affrontava con favolosi toni bassi alla Elvis Presley che mandavano in sollucchero le nostre coetanee, che diceva “Sembra impossibile ma è così”. Appunto, la politica italiana. Che non scommette mai sulle cose buone, dichiarandole “impossibili”.
P.S. In ogni caso, per chi ritenesse possibili le cose possibili, questo è il link su cui sottoscrivere la petizione a favore della candidatura di Rosy Bindi a presidente della Repubblica.