Tra il 2010 e il 2015 nel territorio di Taranto è stata rilevata una riduzione simile delle morti premature per tutte le cause di oltre l’80%. Lo afferma l’Organizzazione Mondiale della Sanità attraverso la Vis, Valutazione di Impatto Sanitario, sull’ex Ilva che viene presentato oggi, venerdì 21 gennaio, in streaming ai cittadini. Lo studio – commissionato dalla Regione Puglia e coordinato da Francesca Racioppi, direttrice del Centro Europeo OMS per l’Ambiente e la Salute, e da Marco Martuzzi, direttore del Dipartimento Ambiente dell’Istituto Superiore di Sanità – però riguarda solo la popolazione di età superiore ai 30 anni. I bambini, insomma, restano fuori dalla valutazione.

“I risultati e gli impatti sulla salute meno gravi della mortalità, o che riguardano i bambini – si legge infatti nel documento – non sono presentati dai dati qui riportati”. Nelle oltre 90 pagine del documento sono stati richiamati i principali studi sull’area di Taranto svolta negli ultimi anni, dallo Studio Sentieri fino allo studio Lucchini sugli effetti neurocognitivi che il piombo ha proprio sui più piccoli, ma nelle conclusioni tirate dal lavoro dell’Oms è chiaramente affermato che “le stime di questo rapporto sono pienamente in linea con le valutazioni precedenti, effettuate dalle autorità regionali e da altri ricercatori” ma “rappresentano una parte dell’impatto totale delle attività dell’impianto sulla salute nel corso degli anni e si riferiscono ai soli esiti severi nelle persone di età superiore ai 30 anni”.

Non solo. La valutazione è stata effettuata solo sulle emissioni in aria, ma resta da studiare l’impatto su acqua e suolo: “L’impatto diretto totale sulla salute di altre forme di contaminazione, sui bambini e sui giovani, non può essere quantificato con un livello comparabile di precisione. In particolare, la contaminazione del suolo, dell’acqua, della catena alimentare e flussi della gestione dei rifiuti può produrre ulteriori impatti sulla salute, la cui portata è sconosciuta”. Nel documento, gli scienziati hanno spiegato che “i nostri calcoli hanno mostrato un impatto positivo sulla salute dovuto alla riduzione delle emissioni di PM2.5 tra lo scenario pre-AIA (2010) e quello post-AIA (2015), con una riduzione simile delle morti premature per tutte le cause (82%)”.

Insomma, secondo lo studio, rispetto al passato la condizione a Taranto è decisamente migliorata per le misure imposte dall’Aia: non appare tuttavia chiaramente indicato se i miglioramenti siano legati anche al livello di produzione drasticamente più basso rispetto al 2010. Oggi, infatti, l’ex Ilva produce 4,5 milioni di tonnellate di acciaio all’anno, circa la metà dell’acciaio prodotto nel 2009. Ma oltre alla riduzione dei tassi di mortalità, il team di ricercatori ha spiegato che anche “il beneficio economico” conseguente a questa riduzione di emissioni “ha rappresentato un risparmio fino a 70 milioni di euro per i casi di morte prematura e circa la metà per i ricoveri ospedalieri (sia per malattie circolatorie che respiratorie)”. Il suggerimento del team di esperti, quindi, è il seguente: “Si può concludere che qualsiasi ulteriore azione incentrata sulla riduzione del particolato – ma anche di molti altri inquinanti come metalli pesanti e diossine – potrebbe comportare un forte beneficio positivo per la salute e ridurre i costi associati”.

Secondo la Vis, quindi, la situazione a Taranto è migliorata per la popolazione che comunque non ancora al sicuro: “I dati disponibili sugli indicatori di salute, come la mortalità, la morbilità, gli effetti riproduttivi, hanno ripetutamente dimostrato – chiarisce l’Oms – che il profilo di salute degli abitanti di Taranto e dintorni non è così buono come dovrebbe essere” e che è “auspicabile che le politiche e gli investimenti futuri – sia specifici per l’ex Ilva (come i piani di decarbonizzazione) sia quelli più ampi – siano vagliati attraverso la ‘lente’ della tutela della salute umana, utilizzando un approccio esaustivo come la Vis”. Uno studio che si aggiunge un’altra valutazione: quella sul Danno Sanitario generato alla popolazione dalla produzione dell’ex Ilva e realizzata a maggio 2021 da Arpa Puglia, Ispra e Asl Taranto.

In quello studio, gli enti hanno dichiarato che, anche se fossero adottate tutte le misure previste dall’attuale Aia, esiste per lavoratori e cittadini un rischio cancerogeno inaccettabile in caso di una produzione di 6 milioni di tonnellate di acciaio all’anno. Eppure poche settimane Acciaierie d’Italia, joint venture tra la multinazionale Arcelor Mittal e lo Stato attraverso Invitalia, ha annunciato un nuovo piano industriale che oltre a prevedere la decarbonizzazione entro i prossimi 10 anni, ha fissato l’obiettivo di produzione a 8 milioni di tonnellate di acciaio. Un obiettivo, che ora, dovrà fare i conti con l’indicazione dell’Oms: “Le emissioni nell’aria dell’impianto ex-Ilva, se tradotte in concentrazioni di pm, sono causa eccessi di mortalità e altri impatti negativi sulla salute, con relativi costi economici. Tali impatti – concludono gli scienziati – sono proporzionali al livello delle emissioni nei diversi scenari considerati”.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

“Pfas emergenza nazionale, serve una legge”. Pochi controlli, studi mai fatti, Regioni disinteressate: il dossier della commissione Ecomafie

next
Articolo Successivo

Tassonomia verde, gli esperti Ue bocciano a sorpresa l’inclusione del nucleare e del gas nella bozza: violano il principio del non nuocere agli obiettivi ambientali

next